È con estrema riverenza che mi accosto a parlare del nuovo album dei gloriosi Fifth Angel.

La band americana si forma negli USA verso la metà degli anni ‘80, più precisamente nei pressi di Seattle, città che, oltre ad essere stata l’epicentro del terremoto grunge nei ‘90, è famosa nel mondo del rock per aver dato i natali a Jimi Hendrix e ai Queensrÿche, tra gli altri.

Membri fondatori furono il batterista Ken Mary, il chitarrista Ed Archer e il cantante Ted Pilot.

I tre, insieme ad altri musicisti saranno protagonisti di due splendidi album: “Fifth angel” (1986), uscito per la mitica Shrapnel Records del talent scout Mike Varney, e “Time will tell” (1989), edito per la major Epic a seguito degli ottimi consensi del primo.

Nonostante la loro bravura e la considerazione dei metal fans piú appassionati, la mancata esplosione commerciale li vedrà abbandonati dall’etichetta e costretti allo scioglimento.

Tra di loro, quello dalla carriera più proficua sarà il batterista Ken Mary che verrà reclutato dietro le pelli in svariati progetti, tanto da fargli guadagnare l’ironico appellativo di “prezzemolo”, tra di essi: Chastain, Alice Cooper, House of Lords, i tedeschi Bonfire,…

Nel 2018, a sorpresa, la band ritorna sulle scene con il terzo “The third secret”, in cui unico membro originario è Ken, con John Macko al basso e Kendall Bechtel alla voce solista e chitarra, entrambi presenti su “Time will tell” anche se il secondo solo come chitarrista.

Tuttavia, nonostante gli ottimi riscontri dell’album e gli elogi per la sua prestazione alla voce, Bechtel lascia la band che, però, vede il rientro di Ed Archer.

Qualche anno ed ecco il nuovo “When angels kill”, con la partecipazione degli storici Ken Mary, John Macko ed Ed Archer, cui si sono aggiunti il chitarrista Steve Conley e il cantante Steve Carlson.

Siamo di fronte ad un concept album che narra la storia del giovane Phoenix che in un mondo oscuro e catastrofico è costretto a lottare con un tirannico oppressore.

Il titolo non fa solo riferimento alla storia che caratterizza l’album, ma è anche coerente con l’evoluzione della band che, seppur sempre fautrice di un heavy di sostanza e classe, qui tocca i suoi vertici dal punto di vista della potenza, partendo dalla voce roca e aggressiva di Carlson e passando dalla prestazione dei chitarristi e della sezione ritmica; il tutto senza abbandonare mai l’idea melodica e la forma canzone, quasi come a creare un perfetto connubio tra Savatage, Metal Church e i Fifth Angel stessi della prima ora.

Un ritorno significativo che dimostra l’importanza storica nell’evoluzione dell’heavy metal dei Fifth Angel

“Descent into darkness” è un’intro di preparazione all’impatto della title track che, trascinata dal drumming possente, dalle chitarre taglienti e dalla poderosa voce di Carlson, permette all’ascoltatore di entrare nel clima della storia accogliendo l’andamento e il refrain irresistibili di “Resist to tyrant” https://youtu.be/tmGzEqZHJVE?si=Xxf2ZPjVJfusILkS

Inizio devastante per una raccolta di quattordici brani divisi da brevi intermezzi recitati e coerenti con il concept.

Tra queste spiccano le telluriche “On wings of steel” ed “Empire of hate”, le antemiche “We are immortal” e “Seven angels”, le enfatiche “Kill the pain” e “The end of everything”, nonché la maideniana “Five days to madness”.

Una menzione particolare per “Ashes to ashes”, brano piú d’atmosfera rispetto agli altri, tanto da muoversi verso un prog metal vicino al mondo Fates Warning.

Siamo di fronte ad un album suonato ottimamente da musicisti dì spessore, con brani che funzionano e che non sfigurebbe in alcuna discografia heavy, ma, se devo trovare un difetto, credo che il concept sia, per struttura, troppo “ispirato” a “Operation: mindcrime” dei concittadini Queensrÿche, senza avere la possibilità di raggiungerne la grandezza.

Fifth Angel, garanzia metallica.

Band:

Ken Mary – batteria

Ed Archer – chitarre e cori

John Mucko – basso

Steve Conley – chitarre

Steve Carlson – voce