Le vie del doom sono infinite, lo dimostrano ancora una volta i Pallbearer con il loro nuovo album intitolato “Mind Burns Alive”.

La band originaria dell’Arkansas si è evoluta in uno spazio temporale di dodici anni, lasciando in balia del passato il sound originario (più estremo e potente) per abbracciare una forma di doom più progressiva e dilatata.

Ci sono voluti quattro full length per arrivare a questa tappa fondamentale nella storia del gruppo, un percorso che dall’esordio intitolato  “Sorrow And Extinction”, uscito nel 2012, e passato per i successivi “Foundation Of Burden”, licenziato due anni dopo, “Heartless” del 2017 ed il bellissimo “Forgotten Days”, precedente opera risalente  ormai a quattro anni fa.

La strada che ha portato i Pallbearer a “Mind Burns Alive” rappresenta la perfetta sintesi dell’evoluzione sonora di chi non si accontenta del solito suono ma cerca di andare oltre, assorbendo ciò che si ascolta oggi per riproporlo con personalità e talento.

Il doom attualmente offerto dal gruppo statunitense non è sicuramente meno doloroso e intimista di prima, ma si avvale di forme diverse di interpretazione: dalla voce di Brett Campbell (pregna di emotività e malinconia) alla struttura dei brani creati insieme a Devin Holt (chitarra), Joseph D Rowland (basso, piano) e Mak Lierly (batteria), al primo ascolto più accessibili ma che, con il passare del tempo, esplodono in tutta la loro progressiva e dilatata disperazione.

“Mind Burns Alive” è un album molto sentito, a tratti pervaso da un forza melanconica impressionante, in cui trovano il loro habitat il doom progressivo in voga negli ultimi anni, il dark rock più maturo e, perché no, il post rock.

Sei brani impeccabili, partendo dall’opener “Where The Light Fades” fino alla conclusiva “With Disease”, ci accompagnano per cinquanta minuti in questa esplorazione delle umane fragilità con un’eleganza compositiva fuori dal comune. Bellissimo!