A distanza di cinque anni da “Destinazioni”, i genovesi Melting Clock si presentano con il nuovo “Altrove”.

Il territorio nel quale si muove la band è quello del rock progressivo, rappresentandone l’anima più bucolica e romantica nel novero della scuderia Black Widow Records.

Il lustro trascorso dall’opera precedente ha permesso loro di alzare il livello compositivo e di ripresentarsi con un album ricco di idee e di ambizioni, degno della tradizione ligure in ambito prog.

L’aspetto che colpisce di più è l’amalgama tra i vari componenti del sestetto che offrono prestazioni in cui si privilegia il lavoro d’insieme piuttosto che la ricerca spasmodica del virtuosismo, garantendo, non solo il piacevole fluire dei brani, ma, soprattutto, quello delle emozioni.

L’album non è un concept, ma nel suo contesto emerge ancora il richiamo al viaggio, seppur declinato differentemente dall’esordio.

L’opener “Vernice” tiene fede al suo titolo pennellando melodie di vari colori, dove chitarre acustiche e orchestrazioni garantite dal gran lavoro alle tastiere sostengono le parti vocali della splendida Emanuela Vedana, con un ritornello azzeccato e il testo che descrive un viaggio attraverso i dedali dei vicoli del centro storico di Genova e la loro complessità tra gli aspetti artistico-architettonici e quelli etnico-sociali.

La title track si articola in due parti: la prima è molto delicata e alterna momenti acustici ad altri dove il piano è protagonista e in cui si notano spunti jazz che si evidenziano anche nella seconda, caratterizzata da splendidi passaggi della solista e vocali; il tutto descrivendo il sogno di evadere dalla vita quotidiana con i suoi problemi e le sue contraddizioni, per rifugiarsi in un’isola deserta deve il tempo pare essersi fermato, palesando il desiderio recondito di tornare all’età spensierata di quando si era fanciulli.

I circa otto minuti de “Il mondo al suo risveglio” descrivono la percezione della realtà da parte dell’individuo e di come questa vari a seconda dell’evoluzione della propria consapevolezza e lo fanno attraverso molte sfaccettature musicali con un’alternanza tra momenti soffusi e altri più energici, manifestando quell’amalgama cui accennavo nell’introduzione e ancora elementi jazzati.

“Città spenta” esprime un repertorio di suoni progressivi variegati per rappresentare l’intimità legata alla rielaborazione conseguente alla perdita di chi ci è caro; in realtà il brano ha avuto un’evoluzione tra il periodo in cui è stata concepita e quello durante la pandemia, quindi tra la visione del dramma di un singolo e di quello di massa.

Il voltaggio aumenta con “Tramonti di cenere”, otto minuti di prog a carattere hardeggiante per trattare argomenti attuali ed ecologici, con il dramma dei cambiamenti climatici, ma anche prospettando un pensiero di speranza, cioè immaginare che dopo la “catastrofe” e la fine di chi l’ha causata, la “vita” potrà riprendere.

Il viaggio di “Altrove” termina con “Endurance” che si riferisce alla storia dell’omonimo vascello incagliato nel pack durante una spedizione al Polo Sud e quella del suo equipaggio che cercherà la salvezza attraverso un percorso tragico e irto di difficoltà inimmaginabili; nove minuti in cui la band fa sfoggio di tutto il suo repertorio da cui emerge la nota qualità della vocalist che in alcuni momenti si esprime anche accompagnata dalla seconda voce del tastierista Sandro Amadei per un risultato efficace e affascinante, senza contare interventi ispirati della solista.

Un album e una band che meritano di riscuotere riconoscimenti dal mondo di chi ama il prog e la musica colta in genere, cosa che, intanto, è già avvenuta con la loro partecipazione al “Crescendo Festival 2024” in Francia, uno degli eventi dal vivo più importanti per questo genere.

Band:

Emanuela Vedana – voce

Sandro Amadei – tastiere, voce orchestrazione e foley

Simone Caffè – chitarre

Alessandro Bosca – basso

Francesco Fiorito – batteria

Stefano Amadei – chitarre e bouzouki irlandese