A poco più di due anni dall’esordio Gravitational Objects of Light, Energy and Mysticism”, esce il nuovo album per i piacentini G.O.L.E.M. che va ulteriormente a mitigare, assieme ai lavori dei concittadini Electric Swan e J.C. Cinel, il doloroso scioglimento della band a cui sono collegate tutte e tre queste entità: i favolosi Wicked Minds.

I consensi ricevuti e il consolidamento del livello della band a seguito delle diverse date dal vivo in Italia e all’estero hanno creato i presupposti per un’ulteriore crescita, semmai fosse stato possibile.

Per dare continuità a quanto fatto e per confermare il proprio percorso musicale, il gruppo ha optato per uno stupendo artwork di copertina, tanto fascinoso quanto inquietante, attraverso l’idea dei fiori e dello scheletro, ricorrenti anche nella precedente; inoltre, ha mantenuto l’identificazione con un titolo le cui iniziali costituiscono l’acronimo G.O.L.E.M..

Il sound amalgama alla perfezione tanto prog, hard e psichedelia, quanto le peculiarità dei singoli membri in un lavoro di insieme eccelso che trae spunto dal passato, ma con la precisa volontà di proiettarsi verso il futuro.

Non siamo dinanzi a un concept, ma i testi sono importanti e legati tra loro da un filo conduttore che collega l’uomo, la giustizia, l’equità, la società,… e proprio per questo non si può esulare da tinte tetre e drammatiche.

Alla title track l’onore di aprire le danze con i suoi dodici minuti di follia compositiva, in cui ci si trova catapultati in un vortice infernale, dove il basso wah-wah anticipa l’arsenale tastieristico che descrive momenti variegati per potenza e dinamismo, mantenendo costante solo l’essenza oscura, con una sezione ritmica pronta a gestirne gli umori e un’interpretazione vocale di spessore.

Tappeti di mellotron e synth aprono “Mechanical evolution”, farcendola di un sinfonismo maligno e travolgente nel quale ancora ottima è la prestazione del lead singer, senza contare i virtuosismi dell’organo del talentuoso Paolo “Apollo” Negri sempre supportato da Emil Quattrini.

“The endless night of reason” sembrerebbe proseguire verso i territori del brano precedente, ma si tratta solo di un’illusione, poiché un’irresistibile cascata di riff di synth distorto fa esplodere il brano nella sua essenza hard rock, aprendosi a torrenziali assoli di tastiera in pieno stile “chitarristico”.

Ancora le svisate dell’Hammond caratterizzano “Life between the lines” che, dopo un inizio scoppiettante, prosegue su sentieri lisergici che conducono verso l’alto, per poi tornare alle coordinate iniziali e garantire un finale pirotecnico.

“Tale of the Oblivion dance” è il brano scelto come singolo, dove riff di organo travolgenti coinvolgono con immediatezza, interscambiandosi con momenti gradualmente dilatati e lasciando spazio alle pennellate vocali di Vincini, capaci di interpretare ogni momento con la giusta enfasi.

Spunti tastieristici quasi orientaleggianti introducono “Keeper of the ocean’s gate” prima di condurci ancora in anfratti oscuri illuminati da aperture intime e lisergiche a varie gradazioni di voltaggio per gli otto minuti finali di un album magnifico.

Del talento di Paolo “Apollo” Negri ho già accennato, ma mi preme sottolineare anche l’importanza del suo dirimpettaio Emil Quattrini, la crescita mastodontica di Marco Vincini alla voce e la miscela di precisione e potenza garantita dalla sezione ritmica composta dal batterista Francesco Lupi e dal bassista Marco Zammati, capace di interpretare il suo strumento anche in chiave solista.

Gathering Of the Legendary Elephant Monster” è un’opera in grado di coinvolgere, condurre ed estasiare e va assaporata più e più volte per coglierne appieno l’essenza, confermando che anche in Italia si fa grandissima musica fuori dagli schemi che meriterebbe di accedere a spazi mediatici adeguati.

Foto di Nicole Fodritto

Eccellente l’iniziativa di organizzare una doppia presentazione dal vivo dell’album, proprio nei giorni della sua uscita ufficiale, nella sala prove dove la band si ritrova abitualmente.

L’evento, reso possibile dall’Associazione Rock in Port e diluito in due date, 28 e 29 settembre, ha permesso a un numero ristretto di fortunati (tra cui il sottoscritto) di ascoltare e vedere tutti i brani del disco nella dimensione live, assolutamente congeniale al gruppo, raccogliendo meritatissimi consensi e applausi.

L’esibizione si è conclusa con un bis, “Five obsidian suns”, brano stupendo tratto dal lavoro precedente.

Band:

Paolo “Apollo” Negri – organo e synth

Emil Quattrini – piano e mellotron

Marco Zammati – basso

Francesco Lupi – batteria

Marco Vincini – voce

Foto di Nicole Fodritto