Premessa: l’idea, vista l’importanza del nome, era di fare una recensione multipla, per offrire più pareri, ma quando ci siamo resi conto che le opinioni convergevano in un’unica direzione, abbiamo pensato di lasciare all’amico Luca il compito di esprimere il parer di buona parte della redazione.

Gli Warlord sono eroi dell’epic metal, genere di matrice statunitense che hanno contribuito a plasmare nei primi anni ‘80, insieme a Manowar, Virgin Steele, Manilla Road, Cirith Ungol, Omen,… e che poi ha trovato adepti in tutto il mondo.

Bastarono il mini “Deliver us” (1983) e il full lenght “And the cannons of destruction have begun…” (1984) per consegnarli alla storia; poi l’oblio discografico, interrotto da qualche raccolta prima, dalla parentesi Lordian Guard nei ‘90, progetto del chitarrista fondatore William J Tsamis, e poi dal ritorno nel terzo millenio con “Rising out of the ashes” (2002), oltre a due album e un live tra il 2013 e il 2015… tutti progetti che hanno concorso a mantenere viva la leggenda, grazie all’opera dei due membri fondatori: il già citato Tsamis, chitarrista e compositore principale, e il batterista Mark Zonder.

Anche il nuovo “Free spirit soar” prosegue la strada tracciata e lo fa palesando dei chiaroscuri.

Il taglio epico dei brani resta il marchio di fabbrica garantito dalle musiche composte dal leader che però non è più presente a causa della sua morte prematura nel 2021.

La sezione ritmica viaggia su livelli ottimi grazie al poderoso bassista Philip Bynoe e, soprattutto, al drumming di Mark Zonder, sempre potente, preciso e raffinato.

Le parti vocali, insieme alla scrittura di buona parte delle liriche, sono lasciate a Giles Lavery che prosegue la tradizione dei cambi dietro al microfono, anche se lui è già stato in formazione col live del 2015.

L’album parte col botto attraverso la meraviglia degli oltre sette minuti di “Behold a pale horse”, proveniente dal repertorio dei Lordian Guard, dopodiché prosegue con una serie di brani piacevoli, ricchi di melodie epiche ed evocative, confermandone la capacità di scrivere canzoni, ma, a parer mio, con arrangiamenti che mi lasciano perplesso, avvicinandoli più a un power symphonic metal di facile presa, che non all’epic di cui sono eroi.

Giri di tastiere facili e banali (“The rider”, “The watchman”, “Free spirit soar”, ma anche altri brani) e cori ridondanti (“Conqueror” e ancora “The watchman”, la title track e “Revelation XIX”).

Peccato perché le potenzialità, oltre al nome, ci sarebbero tutte e ci sono brani che hanno anima (”Worms if the earth”, “The bell tolls”, “Alarm”), senza contare la già citata opera di basso e batteria oltre a quella più che valida delle chitarre.

Fosse una band sconosciuta mi sarei espresso più benevolmente, ma, trattandosi di un gruppo che  ha fatto sognare e ha contribuito alla storia della musica heavy, non posso evitare di storcere il naso.

Ad ogni modo: viva gli Warlord!

Band:

Giles Lavery – voce

Eric Juris – chitarre

Philip Bynoe – basso

Jimmy Waldo – tastiere

Mark Zonder – batteria

William J Tsamis, Riccardo Demarosi e D Kendal Jones – chitarre

Giles Lavery, Linda Chase e Jimmy Waldo – cori