Pensavo che dopo Rationalis impetus dei coreani Arkitekture, recensito recentemente, sarebbe passato parecchio tempo prima di essere nuovamente conquistato da un album interamente strumentale; invece eccomi qua alle prese con un progetto proveniente dalla Norvegia che vede protagonisti Ingvald Vassbø, già con i prog-folker Kanaan e con i più noti Motorpsycho,  alla batteria, all’organo e come unico compositore, insieme ai suoi compagni di avventura Øystein Heide Aadland (Avkrvst), Ask Vatn Strøm e Aeskild Myrvoll (anche loro dai Kanaan) e Simen Wie.

I Full Earth sono l’ultima sensazione psichedelica proveniente dalla Scandinavia e il loro suono tocca l’hard, il prog e lo space rock, con influenze che passano dagli Hawkwind ai Magma, passando dallo stoner più lisergico, mentre “Cloud sculptors” è il loro primo album.

L’iniziale “Full Earth pt. I: Emanation” è emblematica, con i suoi venti minuti di cavalcata furiosa di hard psych che divaga anche in ambientazioni cosmiche e progressive, senza concedere il tempo di annoiarsi in quanto l’amalgama tra synth, organi, chitarre e sezione ritmica conducono sulla strada del coinvolgimento e dell’attenzione.

Neppure il tempo di riprendersi un attimo e sotto con la title track, un’altra suite il cui l’impatto è contraddistinto da una maggiore varietà di momenti, alcuni rarefatti e sognanti e altri più incisivi, ma sempre contraddistinti da un’idea lisergica reiterata e coinvolgente, facendo percepire aspetti magmiani e chiudendo con la raggiunta tranquillità indotta dal flauto… ma si sa, non è facile scolpire le nuvole.

“Weltgeist” è il momento di pace garantito da note di organo e tastiere che permettono il necessario riassestamento, in vista degli altri diciotto minuti intensi di “The collective inconscious” dove una prima parte sinfonica con l’organo protagonista è seguita da una seconda dominata da una performance chitarristica struggente, lasciando poi spazio ad un crescendo psichedelico per chiudere ancora col desiderio di serenità.

C’è spazio anche per il singolo (!!!) “Echo Tears” con i suoi sei minuti di sinfonie spaziali garantite da passaggi di organo e synth adagiati su ritmiche pulsanti.

Per chiudere il cerchio, anzi, la sfera, nulla di meglio di “Full earth pt. II: Disintegration” che riparte dalle coordinate del primo brano e le sviluppa per altri tredici minuti di potenza psichedelica col finale realmente “disintegrante”.

Full Earth… quando non c’è bisogno di parole per dire molto.

Band:

Øystein Heide Aadland – organi, mellotron e synth

Ask Vatn Strøm – chitarre

Simen Wie – basso, chitarre

Eskild Myrvoll – chitarre e synth

Ingvald Vassbø – batteria e organo

Guest:

Henriette Eilertsen – flauto