Siamo nel 2014 e la Rise Above di Lee Dorrian dà alle stampe l’album omonimo di una band tedesca, The Oath, fautori di un heavy doom di pregevole fattura, ma famosi soprattutto per avere tra le proprie fila una coppia di valchirie bionde e spumeggianti come birre: si tratta di Johanna Sadonis (voce) e di Linnea Olsson (chitarra), quest’ultima dalle evidenti origini svedesi.

Di lì a poco il gruppo si scioglie e le due ragazze prendono strade diverse: Johanna diventa la frontwoman dei tedesco/svedesi Lucifer che seguono la strada di un heavy che unisce l’oscurità dei Black Sabbath alla verve r’n’r dei Kiss (!); invece, Lianna sceglie un percorso meno canonico e opta per i tedeschi Maggot Heart che mescolano sonorità variegate.

Maggot Heart: la banalità non abita da queste parti!

Dopo i primi due album, “Dusk to dusk” (2018) e “Mercy machine” (2020), adesso è la volta del terzo “Hunger”.

Già l’etichetta posta in copertina è esplicativa di ciò che attende l’ascoltatore: “… è una concreta zuppa di Bowie, Sonic Youth, Killing Joke, Iron Maiden e Patti Smith ficcata in gola”.

La formazione è quella del classico power trio (chitarra/voce, basso e batteria), ma non disdegnano interventi di piano e fiati, cosa che avvalla quanto detto prima.

L’influenza alternative alla Sonic Youth emerge maggiormente nel primo brano “Scandinavian hunger” e in “Looking back at you” dove ritmiche furiose e claustrofobiche, dettate in particolare da un basso ossessivo, lasciano spazio a qualche sprazzo psichedelico.

Dinamiche più ordinate caratterizzano “Nil by mouth” e la conclusiva “Parasite”, ma, mentre nella prima emerge un’indole post-punk quasi come se Siouxsie and The Banshees jammasse con i Killing Joke, nella seconda si spazia tra momenti gotici e altri più industrial.

La bandiera dell’heavy classico è sorretta da “Concrete soup”.

Il clou dell’album si esprime con il trittico “LBD”, “Archer” e This shadow”: la prima parte con sonorità hard più tradizionali in cui si vanno ad inserirsi momenti da colonna sonora e interventi azzeccati di un magico sax; la seconda è un brano rilassato con ritmiche meno ossessive dove la voce si esprime al meglio e il sax adotta una vena morriconiana; la terza affonda la sua anima nel dark e la fa fuoriuscire con melodie stralunate.

Band non banale da ascoltare con attenzione.

Band:

Linnea Olsson – voce e chitarre

Olivia Airey – basso

Uno Bruniusson – batteria

Guests:

Jan Groppel – tromba

Lars Zander – sax

Fabien De Menou – piano