Parlare degli svedesi Sorcerer ed evidenziarne l’importanza significa scindere la storia anagrafica della band da quella discografica.

Infatti, il gruppo vede i suoi natali addirittura nel 1988 sulla scia dell’epic doom tracciata dai conterranei e concittadini (di Stoccolma) Candlemass che in quel periodo erano ormai lanciati verso l’Olimpo del metal.

Il nucleo iniziale della band era formato da Johnny Hagel, Tommy Karlsson e Peter Furulid.

Nel 1989 si aggiunsero Anders Engberg e Mats Liedholm per la loro prima demo, cui ne seguirà un’altra nel 1992 dopo la quale l’attività si arresterà anche a causa della fuoriuscita di Hagel che entrerà nei Tiamat per ottenere la fama con il capolavoro “Wildhoney”.

La fiamma generata dal culto per le due tapes rimarrà viva sotto la cenere e nel 2015, sulla spinta dei due membri storici Anders Engberg e Johnny Hagel, ci sarà il vero e proprio esordio discografico con “In the shadow of the inverted cross”, cui seguiranno “The crowning of the fire king” (2017) e “Lamenting of the innocent” (concept album del 2020).

Si tratta di una band che non inventa nulla e che trae le sue influenze dalla fine dei ’70 agli anni ‘80, cui aggiunge una produzione molto moderna, ma tutto ciò che viene fuori è di ottimo livello e presenta musicisti di spessore, a loro agio in ogni situazione, con menzione particolare per Anders Engberg che si dimostra sempre cantante superlativo.

Sorcerer: dal 1988 epic doom dalla Svezia!!

Adesso è la volta del nuovo “Reign Of The Reaper”, album in cui si constata la graduale inversione nel loro approccio musicale; infatti, se prima il sound era a trazione epic doom, adesso il protagonista è un heavy metal classico molto variegato, seppur senza mai premere troppo sull’acceleratore e lasciando ampio spazio a melodie vocali e strumentali che rivestono di immediatezza le canzoni.

L’epic metal emerge nel brano di apertura “Morning star”, in “Thy kingdom will come” e in “Curse of Medusa”: il primo con il suo coro maestoso, il secondo con le sue linee di tastiere avvolgenti dove i primi Rainbow flirtano con gli Warlord e il terzo in cui potenza e aperture sinfoniche ne determinano una piacevole immediatezza.

L’anima più oscura caratterizza la title track, con le sue sonorità luciferine, e “Unveiling blasphemy”, il brano più vicino alla loro proposta primordiale.

“The underworld” offre sferzate di metal classico che poggiano su un ritmo serrato e in cui la voce di Engberg tocca vertici importanti.

La vena romantica è espressa da “Eternal sleep”, una powerballad epica ed evocativa, e da “Break of down” che con la sua enfasi teatrale conclude degnamente l’opera.

Chiudo ricordando che in alcune edizioni, sia in lp sia in cd, l’album è uscito completato da un mini contenente quattro cover registrate nel 2021 che circolavano solo nel formato digitale e nelle quali la band propone eccellenti versioni di brani di gruppi che sono stati una loro evidente fonte di ispirazione: “Gates of Babylon” dei Rainbow, “When death calls” dei Black Sabbath con Tony Martin, “Crusader” dei Saxon e “Waiting for darkness” di Ozzy Osbourne.

Band:

Anders Engberg – voce

Kristian Niemann – chitarre e cori

Peter Hallgren – chitarre e cori

Justin Biggs – basso e growls

Richard Evensand – batteria

Conny Welen – tastiere e cori

Johnny Hagel – direzione creativa e compositore aggiunto