Ancora lande scandinave e ancora una band di caratura superiore.

I norvegesi Tusmørke da Skien, capoluogo del Telemark, nascono ufficialmente nel 2009, ma l’embrione della band è attivo fin dal 1994 con il nome Les Fleurs du Mal.

Il loro sound è assolutamente e volutamente radicato nel periodo del progressive inglese che va dalla fine degli anni ‘60 fino alla metà dei ‘70 e costituisce un caleidoscopio in cui si muovono i numerosi colori della loro tavolozza, dando vita a sonorità variegate cui si aggiungono elementi tipici della loro terra.

Le influenze più marcate spaziano dai Black Widow meno esoterici ai Jethro Tull, dai Gong al Canterbury Sound dei Caravan, senza dimenticare, per il versante psichedelico, Soft Machine e la musica cosmica dei Can.

Il livello medio della loro discografia è molto elevato, pur nella loro prolificità, palesando solo un paio di episodi minori e più trascurabili.

Ritmiche articolate e fantasiose dettano il tempo e costituiscono la base su cui va ad inserirsi una strumentazione molto ricca nelle mani (e non solo) di una band affiatata, capace di rappresentare un viaggio ora bucolico e agreste, ora onirico e ancestrale, senza mai tralasciare una marcata componente melodica.

Tusmørke, l’ennesima sorpresa rock scandinava di questi ultimi anni

Già dall’iniziale “Cycle of the gylfaginning” si entra in un vortice sonoro dominato dal flauto, con ritmi jazzati e la voce a metà tra Ian Anderson e Kip Trevor, mantenendo sempre aperture ariose nelle quali si va a inserire un intermezzo arricchito anche da un coro di voci bianche.

La title track comincia con sonorità bucoliche per poi dilatarsi verso una psichedelia in cui si mischiano i suoni di piú strumenti, dai fiati ai synth, che disegnano melodie varie poggiate su un tappeto ritmico irrefrenabile.

Suoni agresti e fiabeschi caratterizzano l’inizio delle successive “Den behornede guden” e “Åndemaneren”, ma, mentre la prima mantiene quelle prerogative sviluppandosi con una musicalità quasi medievale dove il cantato in lingua madre si fa ora declamatorio, ora filastrottesco e mistico, le seconda abbraccia suoni più arcigni andando a costituire un brano di hard prog dove la voce assume somiglianze con quella dell’immortale istrione Arthur Brown.

Il flauto iniziale di “Jeg klumser deg” porta subito alla mente Clive Jones e i suoi Black Widow, ma il pezzo si dipana con una ritmica marziale dominata da un basso bombastico su cui poi vanno ad inserirsi gli altri strumenti per un effetto quasi sarcastico, ricordando non poco i Gong per la follia compositiva e dissacrante.

Violini acidi fanno da base a “Kyprianos” sostenendo tinte plumbee che anticipano “Wicked ways of witches and wizards”, brano totale in cui il progressivo si trucca da doom e ci regala oltre sette minuti di musica sublime.

Per chi ama il prog l’ascolto dei Tusmørke è obbligato.

Tusmørke:

Krizla – flauto, voce, effetti

Benediktator – basso, voce, chitarre, mellotron, synth, percussioni, effetti

HlewagastiR – batteria

Haugebonden Gode Gullstein – organo, piano, synth, mellotron

Dauinghorn – organo, synth, mellotron