Un salto nel metal classico lo si sempre fa con piacere, specialmente quando ci si trova al cospetto di band come gli svedesi Portrait, entrati nei miei ascolti già da qualche album.

Per chi non conoscesse la band, ricordo che il quintetto scandinavo suona insieme da quasi un ventennio e ha dato alle stampe cinque full length a cui oggi si aggiunge questo concept album intitolato “The Host”.

Non era facile continuare la strada intrapresa a livello qualitativo con i due precedenti album: “Burn The World” e, specialmente, “At One With None” ci avevano consegnato un gruppo dal sound maturo ed assolutamente perfetto nel bilanciare metal europeo con il più ruvido ed oscuro alter ego americano.

I Portrait però non si sono accontentati di viaggiare sul sicuro, si sono rimboccati le maniche e hanno sviluppato questo concept di più di settanta minuti incentrato su una storia di possessione e demoni ambientata nella Svezia del 1600.

Diciamo subito che Per Lengstedt e compagni vanno premiati per il coraggio dimostrato nell’affrontare un lavoro così impegnativo che, anche se a livello musicale poco è cambiato, comunque non raggiunge il livello di “At One With None” che aveva messo d’accordo fans e addetti ai lavori.

Dalla potente “The Blood Covenant” in poi si continua ad essere prigionieri dei Portrait e della loro proposta che amalgama assai bene, King Diamond, Sanctuary, Iced Earth e i Maiden più oscuri; non mancano brani di spessore come “The Sacrament” o “One Last Kissmentre il lavoro giunge alla fine dell’opera con la splendida “The Passions Of Sophia”,di matrice maideniana, undici minuti che racchiudono il credo musicale del gruppo svedese.

L’impatto del lavoro precedente si è in parte perso nel lungo cammino che porta l’ascoltatore alla fine dell’album, ma gli spunti per fare vostro “The Host” non mancano di certo.