Ho sempre provato un affetto particolare per Mike Tramp, un ragazzo danese che negli anni ‘80 ha rincorso il suo sogno rock, che già aveva assaggiato in patria con gli idoli delle ragazzine Mabel partecipando ad un Eurovision Song Contest (e prima ancora con un coro di adolescenti, i Vesterbro Ungdomsgård), volando in America e trovandosi nel posto giusto al momento giusto. Ed infatti, non senza fatica e meriti, si è guadagnato la vetrina con i White Lion, con cui ha scritto pagine indimenticabili, vivendo appieno la stagione dorata dell’arena rock, tra tour, fama e centrando alcuni singoli memorabili. Quando le luci si sono prima affievolitee e poi spente, ha seguito l’onda del cambiamento con i meravigliosi Freak Of Nature, per poi tornare come solista nel 1997 con “Capricorn”. Per anni, con un immagine straordinaria; il volto segnato dal tempo, i capelli che si sfilacciano, gli occhi azzurri che guardano lontano tra nostalgia e futuro; che è l’emblema stesso del rock, ha tenuto fede al suo spirito, nell’immagine come detto, nei suoni e nei testi (la copertina di “Nomad” del 2015 è un manifesto per anime rock). Poi con la maturità ha scelto u nuovo percorso, non meno vero, più morbido nell’approccio ed anche la sua voce, mai particolarmente aggressiva si è adeguata.

Oggi, dopo il primo volume “Songs Of White Lion” del 2023 e l’esordio in lingua madre dello scorso anno con “Mand Af En Tid” dai toni pop e blues, Mike ci propone un secondo capitolo di riletture del repertorio del leone bianco. Presunzione? Voglia di rinnegare il passato? Niente di tutto questo (il cantante non è nuovo a questo tipo di operazioni anche il suo materiale solista ha subito riletture); ma solo il desiderio di adattare una storia amata a ciò che oggi l’uomo Mike Tramp sente di essere.

Naturalmente il repertorio è inattacabile e con questo album siamo a 22 brani, a testimoniare quanti pezzi meravigliosi abbiano scritto i White Lion. L’approccio strumentale è più delicato, c’è una verve poetica, in un misto di energia e velluto, con il timbro di Mike che si approccia con calore e meno aggressività.

Naturalmente il confronto è inevitabile, ma questo dura solo un paio di ascolti poi, anche grazie al valore dei musicisti che li interpretano, i brani prendono una nuova veste e si ascoltano con piacere. E nello specifico vi assicuro che “Lights And Thunder” ha una sua forza attuale, “You’re All I Need” suona più varia ed anche “ll I Need Is Rock’n’Roll” con questa veste ha perso quella sua andatura sin troppo ripetitiva e, a dirla tutta, persino un classico come “Don’t Give Up” tiene testa all’originale.

Un plauso al chitarrista Marcus Nand, già con Mike nei Freak Of Nature, che tiene testa al gigante e disperso Vito Bratta. E sappiamo che non è cosa per tutti. Da citare tra gli ospiti Johnny Gioeli ai cori.

Serve un disco così? Io rispetto l’artista. É finita con questo volume? Non lo so, certo che “Farewell To You” posta in chiusura sembra un addio. Io però vi dico che all’appello manca una certa Sweet Little Loving”. Così per dire.

Tanto rispetto per Mike Tramp.