E che ci fa Tony Hadley su un sito rock? L’ex cantante degli Spandau Ballet non è esattamente l’immagine del rocker in jeans e giubbotto di pelle. Negli anni Ottanta Il suo ex gruppo, assieme ai Duran Duran, rappresentava tutto ciò che il metallaro di allora rifiutava, rigettava, aborriva. Le atmosfere sofisticate, l’attenzione al look e i ritornelli da classifica erano l’esatto contrario della filosofia heavy metal, che puntava tutto su una musica più vera, diretta e sanguigna e sul look che conosciamo tutti. Oggi i tempi sono cambiati, ci sono meno barriere fra i generi e forse più tolleranza (anche se – davvero – la trap non si può ascoltare…). A sessantacinque anni, Tony Hadley è ancora in gran forma. Pubblica dischi (l’ultimo, molto bello, è una rivisitazione di classici swing) ed è impegnato in tournée che ha toccato varie città d’Italia. Lo abbiamo visto a Palermo, in una afosa serata agostana nella splendida cornice del Teatro Verdura. Il caldo è veramente asfissiante ma Tony si presenta impeccabilmente in giacca e camicia bianca. I quasi quaranta gradi senza un filo d’aria non gli impediscono di sferzare il pubblico con la carica dei migliori successi degli Spandau Ballet. E si comincia subito con le atmosfere tendenti al dark di “To Cut a Long Story Short”, primo singolo della band tratto dal disco “Journeys to Glory” del 1981 (uno dei dischi che ha fatto la storia della New Wave agli inizi degli anni Ottanta). “Highly strung” conserva una ritmica frizzante e dinamica che la rende ancora oggi godibile. Le atmosfere sofisticate e il sax suadente di “ I’ll Fly to you” ci riportano agli anni (era il 1984) in cui gli Spandau, con questa canzone, sfondarono in Italia, diventando gli idoli dei giovanissimi dell’epoca (tranne quelli che ascoltavano heavy metal, s’intende!). Per la cronaca, il 1984 era anche l’anno in cui veniva pubblicato l’album “Arena” dei Duran Duran, che con “Wild Boys” e altre hits diventarono i veri nemici da battere per gli Spandau.
I pezzi scivolano via con naturalezza e su tutto si erge la voce di Tony Hadley, sempre cristallina e per nulla intaccata dall’usura del tempo. E c’è Tony stesso, che con la sua affabilità ed eleganza non ha difficoltà ad attirare l’attenzione su di sé e a diventare il punto focale del palco. Una menzione particolare va fatta anche per la band che lo accompagna, composta da musicisti veramente bravi e coinvolgenti in grado di passar con grande naturalezza dai pezzi pop alle ritmiche funky di “Chant n.1”. Il resto del concerto è una carrellata di altri grandi classici. Dalla dolce e sognante “Through The Barricades” alle tastiere intriganti di “Gold” per finire con le melodie sofisticate di “True”, che hanno letteralmente segnato un’epoca. Tony Hadley è anche un grande amante del rock: molti hanno sempre visto nella sua figura e nel suo modo di cantare una prosecuzione dello stile di Bryan Ferry dei Roxy Music. Il concerto di Palermo termina con una grintosa versione di “We are The Champions”, a testimonianza che anche i Queen appartengono al patrimonio genetico di Hadley. Non è un caso che solo a maggio di quest’anno Tony abbia partecipato assieme a Brian May allo Starmus Festival a Bratislava. Gli Spandau Ballet erano figli degli Anni Ottanta e non sopravvissero al decennio successivo, come invece riuscirono a fare i Duran Duran. Il loro repertorio, tuttavia, continua ad essere apprezzato e riscoperto anche dal punto di vista artistico. Riascoltate oggi, le loro canzoni erano tutto fuorché banali. Rock, soul, jazz, venivano mescolati in un’ottica innovativa e personale, grazie anche alla cultura musicale del chitarrista Gary Kemp, autore di quasi tutti i pezzi degli Spandau Ballet. Le melodie di Tony Hadley (Che al tempo, nonostante il successo, continuava umilmente a prender lezioni di canto, nda), mai scontate, facevano la differenza. E questa sera a Palermo ne abbiamo avuto una ulteriore riprova.