Pubblicato quasi in forma privata nel 1988 e ristampato sei anni dopo dalla francese Musea, questo esordio degli italiani Leviathan ha rappresentato una sorta di punto di svolta per il nostro movimento. Infatti è stato uno dei primi esempi tricolori di neo prog; sulla scia di quello britannico di inizio decennio, alimentato da Marillion, Pallas, IQ; amati da pubblico e critica di settore, capace di fare da propulsore all’intera scena. Al punto che, nonostante l’ostilità di certa parte di stampa nostrana, il nostro paese – parliamo di fatti documentati dal tempo – con molte band e dischi di qualità, giocò un ruolo fondamentale per il ritorno del prog sul tappeto d’Europa.

Come detto i Leviathan avevano in qualche modo contribuito ad avviare il movimento, dando un seguito alla loro discografia, con l’altrettanto interessante “Bee Yourself”, per poi disperdersi tra i tanti flussi stilistici del decennio successivo.

Quando, qualche anno fa, il cantante e leader Alex Brunori ha valutato l’idea di una reunion, poi sfumata, ha comunque pensato di dare una nuova veste ai due album, convinto della qualità del materiale. Il primo passo è questa nuova versione dell’esordio, ribattezzato “Heartquake/Redux”, confezionato in una veste grafica attuale e bellissima. Al progetto si sono uniti il batterista originale Andrea Moneta e i nuovi innesti, il tastierista Andrea Amici, il noto bassista Andrea Castelli (Mantra, Silver Horses) e il chitarrista Fabio Serra (leader degli ottimi Røsenkreütz), che si è occupato anche della produzione e di dare un senso compiuto all’intero lavoro, visto che i brani sono stati totalmente risuonati e vestiti di nuovo con innovati arrangiamenti.

Quindi ha senso parlare di un disco nuovo, perché se la struttura dei pezzi è rimasta pressoché la stessa delle versioni originali, e questo testimonia la solidità della scrittura, i suoni, gli arrangiamenti, il gusto d’ascolto si colora di una dimensione più pomposa e romantica e la voce di Alex, appare più matura ed emotiva. Per sintetizzare, se prima eravamo sulla scia dei Marillion, adesso c’è un sentore di Kino e Arena, con suoni più rotondi e carichi di enfasi.

Le sei tracce (della prima versione manca “There’s Only Watershade”, breve strumentale posto alla fine, una sorta di taglia/cuci di alcune parti scartate dal disco, presente come bonus solo sulla versione cd, nda), suonano decisamente attuali, con le parti strumentali che creano il giusto equilibrio, permettendo alle parti cantate di svilupparsi con maggior ampiezza. A mio avviso gli assoli di chitarra di Serra, totalmente ridisegnati e ricchi di classe, con i suoni pomposi di tastiere, sono i punti di forza di queste nuove versioni, come dimostrano tutti i pezzi, nessuno escluso. Dalla deliziosa “The Waterproof Of Grave”, poi la romantica “Hellishade Of Heavenue”, “Up We Go!” una cascata di tastiere a base di pomp rock, fino alla conclusiva title track, nove minuti di splendore prog che mescolano Asia e UK. Non da meno “Dream Of Cocoon” e “Only Visiting This Planet”, tutti brani solidi e fantasiosi che sfidano il tempo ancora oggi.

Operazioni di questo tipo (risuonare dischi del passato), sono spesso rischiose, il pericolo è di non aggiungere nulla e di rovinare la magia originale, ma il lavoro certosino negli arrangiamenti e nella scelta dei suoni, ha invece svelato un nuovo volto all’album, migliorando i brani che già funzionavano. Chi conosceva “Heartquake” resterà stupito, per tutti gli altri questa “Redux”-version , sarà una splendida opportunità per ascoltare un gran bel disco.

Il progetto di offrire un nuovo volto al successivo “Bee Yourself” per ora è stato accantonato, a favore della volontà di lavorare a materiale inedito, che rimetta nuovamente in moto i Leviathan. In attesa di novità, per ora non ci resta che gustarci questo splendido lavoro.