“David Ellefson a Fabrica di Roma: e quando ce ricapita?”. Dice bene il cantante dei Gorilla Pulp. Effettivamente il paesino della Tuscia non è Wacken e fa un po’ strano vedere un mostro sacro come David Ellefson esibirsi qui. Merito degli organizzatori del FDB Festival, che è giunto alla sua ventiquattresima edizione e che, nonostante sia fuori da ogni circuito che conta, riesce a portare l’ex bassista dei Megadeth a costo zero per gli spettatori. Non so come siano riusciti ma… bravi in ogni caso! Sarebbe però ingiusto non menzionare le due band italiane che hanno preparato il campo per David. Aprono le danze gli Underball, band romana autrice di un thrash sincero e trascinante con un cantante completamente folle che si esibisce a chiappe all’aria. Del resto, con canzoni dedicate a vibratori e quant’altro come potrebbe essere altrimenti? Bei pezzi, riff indovinati, testi divertenti: che volete di più? Seguono i Gorilla Pulp, gruppo di Viterbo che sin dalle prime note psichedeliche e dalle atmosfere sabbathiane mette bene in vista il proprio marchio di fabbrica:  stoner rock senza compromessi fra Orange Goblin e Monster Magnet. Finito il concerto le due band si mettono a lato del palco per godersi il concerto di David Ellefson, una sorta di coda del suo Bass Warrior Tour iniziato nella prima parte del 2024 e che ha toccato diverse città italiane.

L’inizio non lascia scampo: “Skin on my teeth” ci riporta indietro di trent’anni a quel capolavoro che si intitola “Countdown to Extinction” del 1992. Chi ha abbastanza anni sul groppone ricorderà che all’epoca non si parlava d’altro. Chi lo incensava, chi lo detestava, cosi come era successo al “Black Album” dei Metallica un anno prima. A tre decadi di distanza forse questo dibattito non si è ancora sopito ma quando senti dal vivo la suddetta “Skin of My Teeth” e “Symphony of Destruction”, forse ti convinci che quell’album era proprio una bomba. Del repertorio storico viene presa anche la classica cover dei Sex Pistols, “Anarchy in the UK” che scatena il pogo nelle prime file.  “Celebrity Trash” rappresenta l’album solista realizzato con l’onnipresente Jeff Scott Soto mentre “Simple Truth” è il singolo uscito nel 2020 in piena emergenza COVID. Sul palco Ellefson è una presenza discreta ma magnetica. Nonostante nella sua carriera si sia esibito in posti decisamente più grandi e famosi, ha mostrato la grinta e la passione di sempre. Per lui conta semplicemente il pubblico, grande o piccolo che sia.  I pezzi scorrono con grande naturalezza, merito anche della presenza alle chitarre di Andy Martogelli, uno che ha suonato con Michael Angelo Batio e Jeff Scott Soto, oltre ad aver portato avanti il suo gruppo Arthemis. Andy non è solo un chitarrista virtuoso, ma un musicista che mette la tecnica al servizio della musicista. Gli assoli non risultano mai un mero agglomerato di scale suonate il più veloce possibile. C’è sempre un gran cuore e un feeling heavy dietro ogni singola nota, senza mai perdere la bussola del suono dei Megadeth.

Andy Martongelli (leader degli Arthemis).

A completare la formazione sono l’altro chitarrista, l’abruzzese Walter Cianciusi, il batterista Roberto Pirami e il cantante Titta Tani, penalizzato purtroppo da un volume insufficiente che ha diverse volte oscurato la sua voce. Chiude la serata “Peace Sells”, un sempreverde che ci riporta ai fasti degli anni Ottanta e alla mitica copertina di “Peace Sells… But Who’s Buying?” del 1986 (l’unica con l’immagine del Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite). A dispetto dei suoi problemi personali e dell’allontanamento dai Megadeth, David Ellefson non ha perso lo smalto dei tempi migliori. A giudicare dal concetto di stasera, David ha forse riscoperto il gusto di suonare in una band dove non c’è un leader né una gerarchia. Certo, tutto ruota intorno a Ellefson ma, anche quando potrebbe salire in cattedra, si fa volentieri da parte per lasciare spazio al resto della band.

Rock on, Dave!!

David Ellefson saluta e ringrazia i fan dell’FDB Festival!!