Il rock è vivo e vegeto, lo si capiva dal ritorno in auge della scena più legata al classic rock anni ‘70, ma soprattutto dal successo di band più mainstream come Dirty Honey e Greta Van Fleet.

Da qui partiamo per raccontarvi del bellissimo secondo album dei britannici The Karma Effect, che sbaragliano la concorrenza con questo irresistibile “Promised Land”.

Certo, se la terra promessa fosse come la descrivono i The Karma Effect sarebbe da preparare lo zaino e partire per trovarla il prima possibile, ma quella che conosciamo è fatta di grandi album come “Promised Land”, in questo momento posato sul mio vecchio giradischi che di vita ne ha tanta e di puntine consumate ancora di più.

Bad Touch e Dirty Honey, ma soprattutto Aerosmith, sono i riferimenti se vogliamo avvicinare la band ad una delle leggende del rock, anche se all’ascolto di questa eccellente raccolta di brani diviene scontato concentrarsi solo su quanto ha da dire la band londinese, che non manca di tenere un “corvo nero” nella sua gabbia dorata.

Prodotto da Michael Charman, l’album è composto da dieci tracce di rock’n’roll grezzo, sporco, bluesy e soul quanto basta per non lasciare dubbi sull’approccio e l’attitudine che i cinque, Henry Gottelier (voce e chitarra), Robbie Blake (chitarra), Seb Emmins (tastiere), Liam Quinn (basso) e Ash Powell (batteria), fanno emergere con una naturalezza disarmante.

Karma Effect: i nuovi dei del rock?

Privo di riempitivi, fin dalla title track posta in apertura il lavoro è un susseguirsi di hits che manderanno in botta ogni appassionato della musica del diavolo, candidando i The Karma Effect come new sensation di questa prima parte del nuovo millennio.

BackInRock è sul pezzo, siatelo anche voi.