Per il sottoscritto questa band australiana è una delle entità più eccitanti che siano state partorite dal mondo del rock negli ultimi quindici anni.

Per maggiori dettagli sulla loro storia rimando alla recensione che avevo redatto qualche mese fa in occasione dell’uscita di “Hidden hymns of the underworld”, una raccolta di b-sides e rarità.

Ricordo solo che al rock’n’roll primordiale con spunti punk e stoner del primo album si è aggiunto l’arrivo della loro sacerdotessa Screaming Loz Sutch, vocalist dalle capacità tecniche e dal carisma notevoli, uniti a una presenza scenica fuori dal comune.

Il livello qualitativo della loro discografia è molto elevato e questo nuovo “Goodnight my children” non fa eccezione.

Ci troviamo di fronte a una sorta di concept che simboleggia una raccolta di storie notturne, trasmesse attraverso un melange musicale che propone un sound ruvido, alternato a momenti di respiro, ma sempre con protagonista Screaming Loz Sutch che sa passare con disinvoltura da vocalità aggressive ad altre più morbide e atmosferiche, senza tralasciare mai l’idea melodica e l’attitudine teatrale; un plauso anche al resto della band, sia per le chitarre, tanto massicce nei riff, quanto efficaci negli assoli, sia per la granitica sezione ritmica.

Il trittico iniziale non fa prigionieri: si parte dalla bombastica “Let us begin”, perfettamente adatta a iniziare l’album tenendo fede al suo titolo, dove l’impatto alla Motorhead sorregge la voce arrabbiata che sfocia in un coro che resta in testa e in una melodia vocale di fondo che offre colore al pezzo; “Lock and key” è un brano grintoso e graffiante, meno al fulmicotone del precedente, dove ancora Screaming Loz Sutch furoreggia a piacimento; mentre con “Twas a lie” cala l’irruenza, ma non il voltaggio e l’invito a muovere il deretano, fornendo ancora terreno fertile per la prestazione della cantante.

Con l’aria surriscaldata arriva un brano ammaliante e coinvolgente, “Woe be father’s troubled mind”, traboccante di psichedelia e carico di effetti nella parte iniziale, per poi confluire in un  classic rock dove la vocalist si erge a officiere di un rituale pagano disegnando delle melodie arcane e fascinose per un brano splendido che conferma l’amore che nutro nei confronti di questo band.

“Bethroned to the serpent” è un mid-tempo ultravitaminico con parti vocali maestose e corali.

Ancora energia con l’hard rock di “Evermore”, dove un riff secco e tagliente sorregge la cantante con le melodie offerte dalla sua ugola.

Splendida l’accoppiata finale: “Harriette Mae” è un brano fluttuante che gioca su saliscendi ritmici e sulla voce che passa dall’essere sciamanica fino a esprimersi con retaggi soul preludendo alla title track che chiude un album eccellente con le sembianze illusorie di una ballad atmosferica per poi togliersi quelle vesti dando sfogo a un crescendo che determina il gran finale.

Buonanotte figli miei, prima di addormentarvi ringraziate di aver avuto l’opportunità di conoscere The Neptune Power Federation.

Band:

Screaming Loz Sutch (Lauren Friedman) – voce
Inverted CruciFox (Mike Foxall) – chitarre
Search & DesTroy (Troy Vod) – chitarre
Jaytanic Ritual (Jason Whalley) – basso
Mr Styx (Dean Bakota) – batteria