Nel rock non sempre la somma dei fattori genera qualcosa all’altezza delle aspettative. Non appartengono a questa categoria gli americani The Winery Dogs che da dieci anni danno un senso reale alla definizione supergruppo. Le referenze di Billy Sheehan (basso), Mike Portnoy (batteria) e Richie Kotzen (chitarra e canto), sono chilometriche, ma in questo progetto i loro talenti trovano la giusta collocazione. La sezione ritmica è da premio Oscar, ma non si può mettere in dubbio che la stella che brilla maggiormente sia quella di Kotzen.

The Winery Dogs: la tecnica al servizio della canzone!

Questa è la sua band, infatti la propulsione creativa è legata all’hard rock influenzato da funky e soul, strategie che il chitarrista abbraccia, con splendidi risultati, anche da solista. Qui, vista la tecnica dei suoi compari, Richie libera spazio per la chitarra solista, che alcune volte è totalmente predominante, ascoltate la conclusiva “The Red Wine” per confermare le mie parole. Questo non ci impedisce di ascoltare ottimi brani come “Xanadu”, “Mad World”, “Rise”, “The Vengeance e “Lorelei” che, anche grazie alla splendida voce di Kotzen, si incollano addosso con splendidi ritornelli e ci trascinano in un panorama hard funky, tra passato e futuro, dimostrando che la tecnica è al servizio della canzone.

Cosa resta dopo l’ascolto? La sensazione di non aver ascoltato il solito disco tappa buchi tra un progetto e l’altro, ma qualcosa di ricercato anche nei suoni. Il debutto di questo trio, che risale a dieci anni fa, è probabilmente inarrivabile, ma anche questa terza tappa troverà il modo di farsi apprezzare sul vostro stereo. E, come si diceva una volta, alzate il volume a piacimento.