Seguo la band norvegese fin dal primo album, quel “Detoxing” uscito nel 2011 che arrivò sulla mia scrivania pronto per essere recensito.
Fu subito colpo di fulmine, del resto il sound che oggi è considerato da molti (a torto) una moda, non aveva così tanti interpreti come negli ultimi anni, quindi va da sé che l’asclto di questo energico Classic Rock, venato di Blues e cantato come facevano le muse degli anni settanta, rappresentò una gradita sorpresa.
Capitanata dalla straordinaria cantante e songwriter Heihi Solheim, probabilmente una delle tre “voci” del Classic Rock Nord Europeo, la band non ha più sbagliato un disco, pur essendo magari meno conosciuta di altri artisti della scena ma con una manciata di album che sono tra le più pregiate pietre preziose nel forziere del genere da una decina d’anni a questa parte.
Come tutte le band di talento, anche i Pristine si sono evoluti, cambiando pelle di album in album ma restando coerenti con il loro credo musicale fatto di Hard Rock, Classic Rock, Blues e psichedelia, ora forse l’arteria più pulsante del loro sound.

Sarebbe riduttivo però accennare solo alla splendida voce della Solheim, perché i Pristine restano un gruppo Rock in tutto e per tutto con compiti ben stabiliti, partendo dal chitarrista Esper Elverum Jakobsen, uno dei più sottovalutati della scena, dal tastierista Anders Oskal e dalla sezione ritmica composta da Asmund Wilter Kildal Eriksson al basso e Olen-Morten Indigo Lekang alle pelli.
Il nuovo album si intitola “The Line We Cross”,segue dopo quattro lunghi anni il precedente capolavoro “Road Back To Ruin” ene percorre le tracce e continua l’evoluzione che sta portando la band verso un sound personalissimo, almeno se si parla di Classic Rock.
Dopo le scorribande Blues Rock di album come “No Regret” (2011), “Reboot” (2016) e “Ninja” (2017), la band norvegese ha ampliato il suo raggio di azione, inglobando nel proprio sound elementi orchestrali un più massiccio uso delle tastiere e quel tocco psichedelico che fa di brani eccezionali come i nove minuti di “The Lonielest Fortune (PT 1&2), Valencia e della meravigliosa “Carnival”, non solo i punti focali di questo nuovo album ma traguardi da cui partire per un futuro importante, non solo a livello qualitativo. La mancanza di un adeguato interesse da parte degli addetti ai lavori ne hanno finora rallentato la corsa in fatto di popolarità, riservata ad altre realtà sicuramente meritevoli, ma lontane a mio avviso dalla forza espressiva dei Pristine.