Pochi mesi fa recensivo estasiato “Heretic tongues”, il terzo album dei tedeschi Wucan, e ora mi trovo con molto piacere davanti a una loro nuova uscita discografica, anche se questa volta dal vivo: “Live at Deutschlandfunk.

I Wucan sono grandi musicisti guidati da una dea straordinaria, Francis Tobolsky, che unisce bravura, bellezza, personalità e grinta, gararantendo un’ottima resa in studio, ma facendoci evincere quanto la dimensione on stage sia il loro habitat naturale, frutto dell’intensa attività concertistica che li porta a girare parecchio, tanto che a breve effettueranno tre date anche in Italia.

Merito di tutto ciò è lo spirito che anima questi ragazzi, che, pur dimostrando grande amore per l’hard prog dei seventies, riescono a essere estremamente personali.

La scaletta attinge dai tre album con una ovvia predilezione per l’ultimo “Heretic tongues”, ma qui le canzoni non sono le sole protagoniste, infatti anche l’impatto e la prestazione dei nostri fanno sì che non si tratti di una mera riproposizione, bensì si muovono in una dimensione live nella quale i pezzi vengono interpretati secondo gli stilemi dei concerti “di una volta”.

Francis Tobolsky, talento, classe e fascino!!

Pronti, via, ed ecco che “Kill the king” garantisce un inizio che non fa progionieri, presentandoci una band solida, affiatata e pronta a creare il tappeto sonoro su cui la vocalist si ergerà a protagonista con la potenza della sua voce, i suoi strumenti e la sua verve.

“Father storm”, tratta dal primo album, aggredisce come la precedente e ci omaggia un brano meraviglioso con un intarsio più progressivo dove il flauto furoreggia.

Per lenire le ferite riportate con i primi due brani, arriva “Looking in the past” che si presenta con uno psych prog dilatato e a tratti bucolico per poi sfociare in un hard rock con sfumature funkeggianti.

“Zwischen liebe und zorn” è una cover di un brano dei tedeschi Renft, presente sul nuovo album, e molto particolare con il suo andamento filastrottesco in lingua madre su cui emerge un inciso con voce maschile rappato, cosa molto particolare tenendo conto che è fedele all’originale del 1972.

Segue un trittico di brani all’insegna dell’hard rock: “Don’t break the oath”, “Fette deutsche” e un estratto di “Aging ten years in two seconds”; quest’ultima proveniente dal secondo album “Reap the storm”.

“Ebb and flute / The eternal groove” prosegue su sentieri hardeggianti, ma nella parte finale ci offre un momento di quiete con Francis sugli scudi.

Ci avviciniamo al gran finale con “The rat catcher”, brano mastodontico dal secondo album, che esordisce con una ritmica dominata dal basso per poi confluire in un contesto prog dove la Tobolsky sciorina le sue doti, oltre che con la voce, pure col solito flauto e il theremin, lasciando poi spazio a un magnifico assolo di chitarra.

A seguire, per la prima volta su disco, “Night to fall”, fino a oggi disponibile solo nelle versioni digitali video e audio sul web, pezzo dinamico dai connotati psichedelici.

L’anima più progressiva si manifesta con il capolavoro “Far and beyond”, uno dei singoli e dei videoclip tratti da “Heretic tongues”.

La chiusura è affidata alla pirotecnica “Wandersmann”, suite proveniente  dall’esordio “Sow the wind”, in cui i nostri si esprimono in piena libertà sbizzarrendosi in un’atmosfera intrisa di psichedelia.

Termino sottolineando la prestazione di Philip Knöfel, Tim George e Alexander Karlish, rispettivamente batterista, chitarrista (seconda voce) e bassista, che forzatamente rimangono un po’ occultati dalla magnificenza di Francis, ma che rimangono assolutamente fondamentali nella proposta della band.