Primavera 1994. Milano. Sala di aspetto di un hotel vicino alla stazione centrale. Obiettivo: intervistare Glenn Hughes. Sono con l’amico Alessandro Ariatti. Appena vedo Glenn rischio di svenire. Mi riprendo e gli consegno una copia di Metal Shock, il giornale per cui lo intervistiamo. Guarda la copertina, legge Rotting Christ, ci guarda ed esclama schifato “Awful”. Qualcosa che mescola: orribile, tremendo, orribile, spaventoso. Imbarazzo.

Ecco, questo è il primo ricordo che ho dei Rotting Christ, band che ha preso forma nel 1987, alimentando passo dopo passo la scuola black metal greca, di cui sono i massimi esponenti, generando una miriade di gruppi.

Negli anni il suono primordiale e cacofonico degli esordi si è evoluto, abbracciando elementi gotici e doom, importanti anche per la narrazione dei testi, legati a questioni religiose e tradizioni, storie e leggende della propria terra. Naturalmente il loro nome ed il contenuto di alcuni loro brani gli ha procurato non pochi problemi, con concerti cancellati e l’allontanamento da alcune città. Nonostante ciò il leader Sakis Tolis (voce solista, chitarra ritmica, tastiere) e suo fratello Themis (batteria), non si sono mai piegati ed hanno continuato orgogliosi il loro viaggio. Questo quattordicesimo disco “Pro Xristou”, non si stacca molto dagli ultimi lavori, ma la componente epica e drammatica è ancora più accentuata, con fraseggi di chitarra drammatici, cori solenni e la voce cupa di Sakis che si fa spazio, tra riff intricati e ritmiche cupe e cariche di sentimento, che costruiscono melodie malsane e maleficamente affascinanti.

L’album è impeccabile dal punto di vista del suono, della produzione e della scrittura, con alcuni momenti veramente emozionanti, come “The Apostate”, “The Farewell” e “Pretty World, Pretty Dies”. Tuttavia non posso esimermi di segnalare “La lettera del diavolo”, con parti recitate in italiano, sorta di sintesi del contenuto del concept, incentrato, come da titolo sulla storia greca prima dell’avvento di Cristo, una narrazione lucida e sentita di come gli ultimi re pagani della loro terra contrastarono l’offensiva del cristianesimo.

Stupenda la copertina, opera di Thomas Cole, dal titolo, e non poteva essere altrimenti: distruzione.