Noto principalmente per essere il cantante degli Shadows Of Steel, Andrea Destefanis, in arte “Wild Steel”, è uno dei militanti metal più attivo nel panorama italiano. Oltre alla band citata, vanta una carriera solista, una collaborazione con i Vampire In Venice, ed è il perno di “Transcending Glory”, splendido album tributo ai Crimson Glory”, la band americana di epic progressive metal, il cui cantante, il compianto Midnight, gli ha certamente ispirato l’idea della maschera. In questa intervista Andrea ci racconta il suo percorso, sogni, aspettative e molto altro.
Come nasce la tua passione per la musica? È una cosa che arriva da sola o ti accompagna in questo mondo qualche familiare o amico?
Ciao Gianni! Molto piacere di sentirti. La mia passione per la musica nasce molti anni fa, da bambino mi piaceva ascoltare le sigle dei cartoni animati, avevo un registratore della Philips, rigorosamente mono, con cui registravo le mie preferite su una cassetta da 90′ direttamente dall’altoparlante della tv, in realtà era una pratica diffusa tra quelli della mia generazione.
Allo stesso tempo ero solito frequentare la casa di un mio caro amico d’infanzia che aveva due fratelli più grandi, uno suonava il basso, l’altro la batteria, avevano la camera tappezzata di poster di gruppi musicali tra i quali ne spiccava uno dei Kiss, ovvero quello che si poteva trovare all’interno del disco “Dynasty” che all’epoca trovavo molto inquietante! Nel 1980 i Kiss suonarono in Italia, una delle tre tappe fu proprio Genova, ragione per cui anche la nostra città, Savona, fu tappezzata di manifesti che raffiguravano i quattro, prontamente questi ragazzi ne staccarono alcuni per arricchire la varietà di carta da parati di casa!
Le giornate passavano ascoltando prevalentemente, oltre ai Kiss, Iron Maiden e Deep Purple.
Ti innamori del metal subito già da ragazzino o fai un percorso diverso, partendo da altri generi?
La scintilla tarda a scattare, bisognerà aspettare ancora qualche anno, nel frattempo passavo il mio tempo ascoltanto Italo Disco e qualche gruppo classico italiano tipo Dik Dik. Nel 1986 le radio iniziano a passare “The Final Countdown” degli Europe e “Livin’ on a Prayer” dei Bon Jovi che mi stuzzicano a riconsiderare qualche ascolto di tipo differente. Un giorno passando davanti ad un’ edicola vedo in bella mostra un librettino giallo con il logo dei Kiss e la foto di Gene Simmons, è lo speciale Big Parade dedicato ai Kiss di Paolo Piccini: non avevo i soldi sufficienti per acquistarlo e così chiesi all’edicolante se potesse tenermelo da parte per qualche giorno. Il tempo di raccimolare le 6000 lire necessarie ed il librettino fu mio, tornai dal mio amico di cui sopra per farmi prestare l’intera discografia da duplicare, nel mentre avevo sostituito il vecchio registratore mono con una radio portatile a doppia piastra. Nel 1986 venne pubblicato Somewhere in Time degli Iron Maiden mentre l’anno successivo uscì Crazy Nights dei Kiss, dopodichè l’approfondimento in ambito Rock/Metal si intensificò velocemente.
In ogni caso raccontaci della tua scoperta del metal.
Un altro disco importante fu “Keeper of the Senven Keys part I” degli Helloween, anch’esso del 1987, che scoprii questa volta grazie ad un mio vicino di casa che mi prestò la suddetta audiocassetta. Grazie a questo mi avvicinai a tutta una serie di altri gruppi, prevalentemente teutonici, che proponevano un genere Speed/Power a me tutt’ora molto caro. Nel 1988 furono poi pubblicati “Seventh Son of a Seventh Son” (Iron Maiden), “Operation: Mindcrime” (Queensryche), “Keeper of the Senven Keys part II” (Helloween) e “Transcendence” (Crimson Glory), ormai si erano spalncate le porte verso un mondo che aveva tantissimo da offrire e che avrebbe ancora alimentato per molti anni la mia fame di musica. Da lì a poco infatti iniziai a documentarmi grazie all’acquisto di riviste specializzate come H/M, Metal Shock e Flash ma soprattutto frequentando un negozio di dischi della mia città che aveva molto materiale usato e che mi permise di iniziare a collezionare vinili di band storiche come Black Sabbath, Deep Purple, Rainbow, Whitesnake, Gary Moore, Thin Lizzy, UFO, Scorpions e molti altri ancora che non sto ad elencare ma che stanno alla base di quello che è il genere che io propongo ad oggi.
Quali sono le band che hanno segnato la tua adolescenza e giovinezza, spesso i nomi che ci marchiano a fuoco per sempre?
Sicuramente la band che ha avuto più influenza sul sottoscritto sono stati i Kiss, sia per il peso che ha avuto a livello mondiale che per il periodo in cui ho iniziato ad ascoltarli, sono stati una vera scoperta, non avevo mai sentito nulla del genere e quelle determinate sensazioni sono rimaste impresse in maniera indelebile nella mia personalità.
Quando ti scopri cantante e quali sono i tuoi punti di riferimento, o semplicemente i tuoi cantanti preferiti, sia di ieri che più recenti?
Ho sempre avuto la passione per il canto sin da bambino ma l’idea di esibirmi davanti ad un pubblico era pura utopia, tantomeno con un gruppo musicale. Successe però una cosa molto strana una sera nella mia camera, mentre stavo ascoltando un brano dei Dead or Alive in cuffia scattò una scintilla che mi fece decidere di intraprendere questa strada, ovvero un ruolo da protagonista in ambito musicale; non sapevo in realtà che cosa avrei voluto fare, decisi di cimentarmi nel canto perché mi sembrava la cosa più naturale ed immediata, ben presto capii che solo con l’impegno e la perseveranza avrei potuto raggiungere qualche risultato.
I modelli che mi hanno ispirato maggiormente sono stati sicuramente Paul Stanley, Pete Burns (Dead Or Alive), Freddie Mercury, Glenn Hughes e Midnight, ce ne sarebbero molti altri ancora ma preferisco citare solamente i più importanti.
Hai studiato canto, ti perfezioni ancora oggi o sei un autodidatta che ha imparato a gestirti?
Ho studiato tecnica vocale per diversi anni anche se non in maniera continuativa, al momento sono soddisfatto di quello che riesco a fare con la mia voce anche se la migliore soluzione è quella di non smettere mai di studiare e soprattutto di esibirsi dal vivo. Solo con un allenamento continuo ed un sano stile di vita si posso ottenere risultati importanti, soprattutto se non si è dotati di un talento naturale.
Muovi i primi passi di una certa importanza con i Projecto? Che ricordi hai di quei primi demo tape a metà anni ’90?
Sono stati anni bellissimi, colmi di sogni e speranze. Entrai a far parte di Projecto intorno al 1992, il genere proposto era un Thrash melodico con testi sia in inglese che in italiano, i brani erano prevalentemente composti dal chitarrista Vic Mazzoni con i testi del bassista Fabio Zunino; dopo qualche tempo anche io iniziai a buttare giù qualche idea, le prime melodie e qualche testo, fino a perfezionare uno stile personale che ben si sposava col resto del materiale del gruppo. Dopo alcuni cambi di formazione registrammo un paio di demo, uno primo nel ’93 e un secondo nel ’94, nel frattempo il livello tecnico della band era cresciuto velocemente e ci eravamo avvicinati al Power, i brani si erano evoluti ed necessitavano di una importante revisione per quello che riguardava le parti vocali. Purtoppo la mia preparazione non era sufficiente in quel particolare momento e dovetti lasciare il mio posto ad un altro cantante che potesse rispondere adeguatamente alle esigenze del gruppo.
Poi arrivano gli Shadows Of Steel che nei circuiti power metal guadagnano subito credibilità. Dopo tre album, molto apprezzati, la storia si interrompe. Perché? E che traguardi avete raggiunto con la band? Hai qualche rimpianto, pensi che potevate ottenere di più?
Nel 1996, subito dopo la mia uscita dai Projecto, mi dedicai a quella che sarebbe diventata la mia nuova band, avevo già i brani sufficienti per incidere un album e questa volta ero libero di agire in maniera autonoma e senza pressioni interne. Con l’aiuto del tastierista Andrea De Paoli, completammo le strutture e gli arrangiamenti e grazie all’aiuto in studio di alcuni membri dei Labyrinth, le registrazioni del primo album degli Shadows of Steel furono completate nel giugno del 1997. Anche qui i problemi non tardarono ad arrivare, ricordo che al tempo fui poco incisivo su molti fronti, per quanto riguardava la gestione di una band con ambizioni professionistiche, la formazione non era stabile e l’identità del gruppo era esclusivamente in mano a me. Registrammo il secondo lavoro dal titolo Twilight, con l’ausilio di musicisti esterni, ovvero Andrea Torricini e Vic Mazzoni, che doveva essere un anticipo del vero secondo album completo. Il disco successivo, “Second Floor”, uscì però solo nel 2002 e per via di altri fattori non riscosse il successo dei precedenti.
Dopo diversi anni di silenzio abbiamo pubblicato “Crown of Steel”, nel 2013 precisamente, anche questa volta l’uscita avviene dopo l’ennesimo cambio di formazione il che compromette le esibizioni live e la lavorazione del nuovo disco “Twilight II” che è stato pubblicato da poco, ovvero ad aprile di quest’anno, ad altri undici anni di distanza dal precedente. Più che una carriera, un calvario!
A metà anni duemila decidi di avviare una tua carriera, a nome Wild Steel. Hai cercato di staccarti dal passato, trovando una tua strada?
In quel periodo tentai un approccio ancora più individuale, in modo da eliminare tutti fattori che potevano rallentare le pubblicazioni di nuovi lavori. Fu un grosso errore, avrei dovuto canalizzare le energie nel mio progetto madre, magari coinvolgendo altri musicisti. In ogni caso ebbi la possibilità di lavorare con molti nuovi musicisti, come Pier Gonella.
Quanto pesa il tuo apporto compositivo nel progetto.
Il primo album fu composto esclusivamente da me, mi occupai anche di tutti gli arrangiamenti, tanto che la formazione era composta solo da Pier Gonella alla chitarra e basso e Frank Andiver alla batteria oltre che dal sottoscritto. Il risultato fu ottimo, si tratta di un album che riflette esattamente il mio stile e che ascolto ancora oggi molto volentieri. Comprendeva anche un mini cd con quattro cover dei Crimson Glory che anticipavano l’uscita dell’ album “Transcending Glory” tributo a questa band a me molto cara.
Oltretutto sei tornato da poco con un nuovo album, il terzo, a distanza di dodici anni dal secondo. Cosa ti ha spinto a riprendere il percorso?
Il secondo album a nome Wild Steel, se escludiamo il tributo ai Crimson Glory del 2011, in realtà fu registrato nella seconda metà del 2000 ma non fu pubblicato perché il genere proposto stava calando di popolarità e solo i gruppi più affermati riuscivano ancora a pubblicare album, benché spesso contaminati da altri generi più in voga.
Fortunatamente da un paio di anni a questa parte ho notato un rinnovato interesse verso il Power Metal ed è quindi stato possibile pubblicare ” Age of Steel”.
Tra i tanti progetti a cui hai partecipato quelli con maggior continuità sono i Vampire In Venice e Gabriels. Raccontaci qualcosa al riguardo.
I Vampire in Venice sono un progetto nato dall’incontro con Joey Mauro, tastierista e compositore attivo da oltre tre decadi nel pop, rock e italodance, che ha collaborato e prodotto le hit dei maggiori artisti mondiali degli 80’s come Ryan Paris (Dolcevita), Dj’s Project, Wish Key, Brian Ice, Fred Ventura e molti altri; inoltre è il tastierista e compositore della leggendaria prog band italiana Hunka Munka. Insieme a lui abbiamo prodotto quattro singoli stampati in edizione limitata su vinile, ormai esauriti e molto ricercati tra i collezionisti, in assoluto uno dei progetti più gratificanti a cui abbia preso parte.
Con Gabriels collaboro già da più di otto anni, sono stato coinvolto nel suo progetto che prevede la realizzazione di sette album ispirati alla saga di Hokuto no Ken, in Italia Ken Il Guerriero. Un piano ambizioso e molto elaborato in cui mi sono dovuto impegnare molto vista la sostanziale differenza rispetto a ciò che sono solito proporre, una collaborazione che mi sta dando un grande ritorno di esperienza.
Poi ci sono alcuni tributi ed altri album, puoi spendere qualche riga su tutti i lavori a cui hai contribuito?
Visto che per alcuni anni sono stato fermo per quanto riguarda la pubblicazione di album originali ne ho approfittato per registrare alcuni tributi, oltre al sopracitato “Transcending Glory” del 2011, nel 2015 ho pubblicato un live album registrato all’Area 51 di Vignole Borbera dedicato ai Kiss e nel 2018 un album in memoria di R.J. DIO, comprendente prevalentemente brani del suo periodo solista ed un paio tratti dalla discografia dei Rainbow e Black Sabbath; la particolarità di questo lavoro è che vede la partecipazione di molti ospiti ma soprattutto amici, è inclusa una versione di “Stars” che racchiude al suo interno l’ultimo assolo registrato da Vic Mazzoni prima della sua scomparsa.
Rispetto ai tuoi primi anni, cosa pensi che sia cambiato nel panorama musicale rock, ma anche in generale?
Mi duole dirlo ma la visione del Rock che ho è quella di un paziente in sala di rianimazione, con l’avvento della distribuzione digitale e prima ancora con i donwload illegale il pubblico si è impigrito ed i veri Rocker sono ormai cosa rara rispetto ai fasti del passato, non ci sono eredi delle leggende del Rock che pian piano stanno andando in pensione. Credo che ai giorni nostri sarebbe comunque impossibile ripetere quello che è stato dagli anni ’60 in poi, per ragioni contingenti certi fenomeni sono irripetibili. Non ci sarà mai più un Lemmy Kilmister, un Ozzy Osbourne, un Ronnie James Dio, un Robert Plant o un Roger Daltrey…
Con quali band dei tuoi progetti con cui sei riusciti ad avere una certa continuità in concerto?
C’è stato un periodo in coi con gli Shadows of Steel abbiamo avuto una regolare attività live, successivamente anche con Wild Steel ma nulla di eclatante visto che non siamo mai riusciti a fare il salto di qualità.
Le serate dove la tua voce non è al meglio come le gestisci?
Un dramma, c’è solo da sperare di fare meno danni possibili visto che i brani che propongo sono già molto impegnativi quando sono in forma!
Come nasce l’idea della maschera? Anche se una mezza idea ce l’ho…
Ovviamente è un tributo ai Crimson Glory ma in realtà ha un suo significato molto particolare: ritornando ai miei esordi, poco prima di lasciare la mia band originale, i Projecto, avevamo prodotto un terzo demo che ii principio doveva essere un album, purtroppo la mia presatazione fu un quasi totale disastro, poco si salvava del mio operato; furono fatte circolare alcune copie tra gli addetti ai lavori e a detta di tutti la band avrebbe dovuto cambiare cantante per poter sfondare. Ebbi quindi l’idea di modificare totalmente il mio stile di canto ed anche il mio look, indossando una maschere ed adottando uno pseudonimo in modo da ripropormi come nuovo cantante. In un primo momento l’idea sembrava potesse funzionare ma le pressioni dall’esterno e parzialmente anche dall’inteno fecero si che io abbandonassi il mio posto. Sfruttai comunque questa idea per gli Shadows of Steel e se fossi stato più scaltro avrei potuto ottenere risultati più gratificanti.
Anche tu pensi che il digitale e i social da meravigliose vetrine musicali, si siano trasformati in prigioni, dove tutti si chiudono nel loro mondo e parlano senza ascoltare?
Non do molto peso a tutto quello che vedo scritto, più che altro per farsi notare oggigiorno non basta avere un prodottto musicalmente valido ma serve una esagerata promozione della propria immagine. Anche in passato era così, ma il bello era riuscire ad emergere ritagliandosi uno spazio su una fanzine o su una testata nazionale, fare inteviste e avere recensioni.
Sei interessato ad altre forme artistiche oltre alla musica? E se si quali?
Mi piacciono i motori e il fai da te, il giardinaggio ed il contatto con la natura, curare il proprio spirito. L’essere umano è un’opera d’arte nell’Universo, purtroppo ce lo siamo dimenticato.
Wild Steel nella vita di tutti i giorni è…?
Sono molte cose, alcune le ho messe da parte e con altre ho fatto pace. Mi sento molto tranquillo ed in pace con me stesso da un po’ di tempo a questa parte, forse questo vuole dire che mi sono arreso…
La tua ambizione artistica più grande?
Artisticamente mi considero arrivato, anche se non ho avuto successo sono soddisfatto perché sono comuque riuscito a fare quello che volevo, a modo mio e contro ogni pronostico.
Con chi vorresti suonare o comunque collaborare per dirti soddisfatto?
Non ho ambizioni particolari, ho la fortuna di avere sempre avuto al mio fianco musicisti validissimi, con alcuni dei quali sto per sfornare diverse chicche.
Bene, aspetteremo queste novità. Grazie del tuo tempo Andrea e… YOU ROCK!!
Grazie a te e a tutti i lettori di Back in Rock!