C’è un futuro per il rock? O diventerà uno standard come il jazz? Non ci interessa, il nostro compito è amarlo!
Ho incontrato un amico dopo tantissimo tempo.
Dopo i rituali saluti, abbiamo parlato per una decina di minuti della nostra passione: la Musica Rock.
Un concerto qui, un altro là. E poi questo disco e quell’altro.
Poi, lui mi chiede se sono andato a vedere quella cover band in quello storico club qui nelle vicinanze di Verona.
Alla mia risposta, “Sono stanco delle cover band…”, lui mi ha risposto candido come un bambino: “Vedi, le cover band sono il futuro del rock. Ormai i nostri eroi stanno pian pianino scomparendo. La loro musica, così, diventerà inevitabilmente la prossima ‘Musica Classica’ che si tramanderà come si sono tramandati nel tempo Bach, Mozart, Beethoven.
Pensaci. Ci saranno solo degli interpreti che eseguiranno quel Rock a noi tanto caro…”.
Mi saluta e se ne va sorridendo, lasciandomi lì senza parole.
Pensieroso e un po’ sconvolto da questa triste realtà.
Ci ho rimuginato su una notte intera, ascoltando “Recorded Live” dei Ten Years After, così tanto per stare in allenamento.
Ho ripensato a tutti i concerti che ho visto dal 1977 ad oggi.
E di certo non mi fermerò per una affermazione come quella del mio amico.
Sono sempre più convinto che la dimensione dal vivo di un musicista non tradisce mai, anche in questi tempi dove AutoTunes la fa da padrone e lo spettacolo di contorno molte volte ruba la scena ai musicisti.
Dalle stamberghe con pochi presenti, agli immensi stadi, agli sconfinati prati dove ringraziavamo i maxi schermi per poter vedere i “nostri eroi”.
In tutti questi anni ne abbiamo visti passare sul palco del rock.
Artisti e musicisti immensi. E poi quelle meteore idolatrate all’inverosimile che, in un batter d’occhio, hanno tradito quelle promesse fatte a noi e al Dio del Rock, appunto.
Ho visto musicisti (tanti) e artisti (pochi), strimpellatori di chitarre, battitori di tamburi e mummie davanti al microfono, topine laminate a cui non dare una seconda opportunità.
Mi hanno sorpreso, invece, musicisti che tutti davano per “morti” ma che, in nome del vecchio e caro Rock, hanno trovato la forza e la volontà di rianimarsi e di dare ancora emozioni ai loro seguaci. Solo ed esclusivamente con la potenza della loro Musica, che possa piacere o no.
I nomi non servono, tutti in cuor nostro sappiamo chi sono.
E poi ho benedetto e ringraziato quello che, tutti i sapientoni del rock, chiamano il “Club dei 27”.
Sono andato a memoria e ho ringraziato Dio per averli voluti in tour là nell’immenso blu del Paradiso del Rock. Di certo non ce li avrei visti a combattere per una nota, una canzone o un concerto, in questi tempi tormentati. È sicuro che quello che avevano da dire l’avevano detto e che qualcuno abbia voluto finirla lì. Perché era giusto così. E così dobbiamo ricordarli.
Di questo club, però, qualcuno c’è entrato solo per gli anni che aveva quando se n’è andato, non certo per la genialità musicale.
Qualcun altro, per finire, è partito per mano di esagitati che nulla avevano a che fare con la loro musica e la loro arte.
Alla fine mi sono detto che magari potrà anche essere vero quello che mi ha detto il mio amico.
Ho detto potrà.
Mai nessuno, però, potrà portarmi via tutte quelle emozioni e sensazioni che ho vissuto sulla mia pelle ascoltando e vedendo i miei “eroi del rock”.
Ho avuto la fortuna di vederne tanti. Sicuramente più di quelli che avrei mai potuto immaginare.
La lista continuerà a breve statene certi.
C’è una sola citazione da fare a conclusione di questo insieme di pensieri.
È di Neil Young e dice semplicemente:
“Hey hey, my my
Il Rock and Roll non potrà mai morire
My my, hey hey
Il Rock and Roll è qui per restare
È meglio bruciare subito che svanire lentamente
My my, hey hey”.
Il vecchiardo di Toronto ha proprio ragione:
il Rock and Roll non potrà mai morire, almeno finché ci sarà qualcuno che lo suona e che lo ama!
E voi da che parte state?