Tony Bacon è uno dei più importanti e prolifici divulgatori esperti di chitarre, soprattutto Gibson, e ha ormai pubblicato una miriade di libri (alcuni anche tradotti in italiano) su praticamente tutte le marche che hanno fatto la storia della sei corde. I suoi libri pieni di foto dettagliate e informazioni preziose spesso fanno passare in secondo piano il fatto che siano in inglese, anche se c’è da dire che – come divulgatore – l’autore usa uno stile molto semplice e accessibile. Nella mia classifica dei suoi testi, ai primi posti metto quelli dedicati alle Gibson, due in particolare, The Les Paul Guitar Book (2009) e Sunburst – How the Gibson Les Paul Standard became a legendary guitar (2014), in cui ho potuto approfondire le tante storie di musica (ma non solo) che alimentano la fama di questo strumento iconico. Una di queste storie, ambientata nella seconda metà degli anni 60, vede coinvolti Eric Clapton, John Mayall e ovviamente il modello Les Paul.
Questo l’antefatto: la Gibson nel 1958 decide di dare una nuova livrea al modello Les Paul, dotandolo di top molto ricercati e di una colorazione definita sunburst, che prende ispirazione dalle concorrenti Fender Stratocaster. Nel triennio ’58-’60 produce poco più di 1.700 chitarre di questo tipo, ma la delusione per non aver avuto l’incremento di vendite sperato porta alla sospensione della produzione e addirittura a un restyling totale della forma della chitarra (con relativa crisi nei rapporti con Les Paul in persona, inventore del modello). Per quindici anni dunque la Les Paul Standard non figura più nel catalogo Gibson; la produzione ricomincia solo nel 1976 (nel 1975 dallo stabilimento di Kalamazoo ne esce… una! Poi 24 nel 1976).
E il merito di questa resurrezione va tutto a Eric Clapton, che con un album dei Bluesbreakers di John Mayall, per primo dà inconsapevolmente il via alla caccia alle Gibson Les Paul Sunburst prodotte dal 1958 al 1960, poi spinge molti artisti a reclamare sempre più insistentemente la produzione di nuovi modelli.
Quando entra nella band di John Mayall, Clapton cerca una chitarra che possa rendere al meglio le sonorità del rock blues, genere in piena rinascita nella Gran Bretagna degli anni ‘60; la scelta cade su una Gibson Les Paul Sunburst (probabilmente prodotta nel 1960), che viene immortalata nelle foto dell’album Blues Breakers with Eric Clapton (1966). Il risultato sonoro è così soddisfacente (Clapton sperimenta anche togliendo le coperture metalliche dei pickup, affermando che il suono diventa ancora migliore, anche in questo caso iniziando un’usanza comune tra i chitarristi) che molti colleghi cominciano a pensare che veramente questi vecchi modelli di Gibson siano superiori per qualità costruttive e suono. E così Jimmy Page, Peter Green, Michael Bloomfield, George Harrison, Jeff Beck, Billy Gibbons, Joe Walsh, Paul Kossof, Steve Morse, Don Felder, Gary Rossington, Joe Perry, Mick Jones, insomma il meglio del meglio del chitarrismo rock, cominciano a cercare di procurarsi uno di quegli strumenti; li seguono poi centinaia di altri musicisti che ascoltano i loro dischi, vedono i loro concerti e rimangono colpiti dalla definizione del suono di chitarra. La pressione e la richiesta sono talmente crescenti che alla fine alla Gibson sono costretti a prendere atto che quella pur limitata produzione di tre anni aveva lasciato il segno; pur con una serie di stadi progressivi, a volte con tentativi non sempre riusciti, la produzione della Sunburst/Standard riprende, fino ad arrivare a vere e proprie celebrazioni, un po’ in tutte le decadi seguenti, con modelli espressamente riferiti a quegli originali (per esempio le molto quotate R8, R9 e R0, rispettivamente repliche delle Les Paul del 1958, 1959 e 1960; fino alle più recenti serie VOS, cioè Vintage Original Specifications). Una specie di ammissione che “le chitarre come le facevamo una volta erano molto meglio”, tra l’altro supportata dal fatto che anche ai giorni nostri chitarristi (nonché collezionisti) come Joe Bonamassa o il compianto Gary Moore hanno legato il proprio nome e la propria musica alle Gibson vintage e reissue.
Così il disco Blues Breakers with Eric Clapton non è solo una pietra miliare della carriera di John Mayall (e di Eric Clapton, che andrà subito anche oltre, con la fondazione nello stesso anno dei Cream, divenuti con una manciata di dischi tra i più notevoli capostipiti dell’hard rock e del metal) e del rock blues, ma diventa anche uno spunto per nuove tendenze nella cultura della chitarra in tutti i generi, dal blues al rock, dal funky al metal.
E, come spesso succede, questa nuova cultura ha radici ben salde nel “vecchio”, nel passato, in tempi in cui “le cose si facevano meglio”. Magari non è proprio così, perché oggi la tecnica permette di produrre strumenti accuratissimi; ma probabilmente questa storia non parla di tecnica, bensì della passione di geniali pionieri che anteponevano le sensazioni alla perfezione tecnologica.
D’altronde le migliori testimonianze della musica blues e rock sono proprio basate su questa visione, che antepone l’imperfetta e sanguigna irruenza alla fredda tecnologia.