Seguo i Ghost fin dalla loro prima uscita, amandone la discografia e la loro evoluzione.
Ho anche sempre accolto con un sorriso le molte critiche ricevute soprattutto nella seconda parte di carriera, quando le dinamiche più occulte si sono gradatamente diluite a favore di una maggior propensione verso il mainstream, seppur mantenendo sempre quello spirito che caratterizza chi è rocker dentro.
Tobias Forge, il leader assoluto della band, pur non inventando nulla di nuovo, mixando alla grande gli ingredienti giusti, è riuscito nell’impresa di sfondare e di trasportarla verso la consacrazione… il tutto col sacrificio, la determinazione, la bravura e l’astuzia necessari per raggiungere risultati ottimali.
Avendoli visti diverse volte dal vivo, loro ambiente ideale, mi ero stupito che ancora non esistessero pubblicazioni ufficiali di loro concerti in formato video.
“Rite Here Rite Now” non è solo il titolo del nuovo album dal vivo, nonché colonna sonora dell’omonimo film/documentario uscito al cinema a giugno e con cui la band svedese vuole porre il sigillo sui risultati raggiunti in termini dì popolarità nel corso dei primi quindici anni di vita, bensì è anche una strofa contenuta in una delle tante irresistibili hit (“Square hammer”) che hanno avuto la capacità di scrivere e che sancisce, se mai ce ne fosse bisogno, l’indole Ghost.
Il film si basa su due date tenute al KIA Forum di Los Angeles, 11 e 12 settembre 2023, ma il suo contenuto non si limita a omaggiare la verve concertistica del combo, bensì vuole presentare al pubblico la narrazione di ciò che sta dietro l’idea portante, con tanto di finale da non spoilerare.
Per ciò che concerne l’album dal vivo, i brani sono estratti dalle due date suddette e, seppur privi del fondamentale elemento visivo, riescono a trasmettere l’energia e l’indole che hanno consentito alla band di crescere a dismisura.
Dal punto di vista della scaletta, nulla dal periodo dei primi due album, salvo una splendida versione operistica di “If you have ghost”, forse perché ben presenti nel precedente live “Ceremony And Devotion” (2017).
“Meliora” (2015) è rappresentato dall’accoppiata arcana “Cirice” e “Absolution”, nonché dalla già citata “Square hammer”, alle cui sessioni appartiene; mentre sorprende l’assenza di “He is”, per il sottoscritto il loro capolavoro.
“Prequelle” (2018) ci regala l’antemica “Rats”, la trascinante “Faith”, la fantastica “Dance macabre” e l’immancabile strumentale “Miasma” in cui appare il magico sassofono suonato da Papa Nihil.
Come prevedibile, a farla da padrone è l’ultimo “Impera” (2022), da cui sono tratti ben sette pezzi: dall’intro “Imperium” alla glaciale “Kaisarion”, dalle perle “Spillways”, “Call me little sunshine” e Watcher in the sky” alla maligna “Twenties” e a “Respite on the spitalfields”.
Da menzionare anche “Mary on a cross” e “Kiss the go-goat”, tratti dal 7” “Seven Inches Of Satanic Panic” (2019).
Insomma una sequenza di brani azzeccata per una band rodata e molto affiatata nella dimensione on stage.
In chiusura la versione in studio dell’ultimo singolo, “The future is a foreign land”, al momento non ancora uscito in formato fisico.
I Ghost sono il classico esempio di come, nonostante le difficoltà del mercato discografico, con intelligenza e sacrificio si possano ottenere risultati strabilianti; è per questo motivo che ritengo sia assurdo criticarli, aldilà dei legittimi gusti musicali… giusto per evitare di capirne l’importanza troppo tardi.
Parafrasando il post di qualche settimana fa del nostro redattore Gianni Della Cioppa, band come Ghost e Greta Van Fleet, capaci non solo di avere successo, ma di riscuoterlo anche tra ragazzi di giovane età, devono essere rispettate e, se possibile, incensate, nella speranza che ci sia spazio anche per altre.
Non potrà esserci futuro del rock se si rimarrà ancorati a “com’erano belli i tempi andati”, senza supportare chi in qualche modo riesce a smuovere le acque.