Dalle lande affascinanti, gelide e oscure della Norvegia arriva una nuova entità dal nome impronunciabile: Avkrvst.
Il termine, in lingua madre, significa “necessario”, forse perché doveva essere doveroso per Simon Dolmen Bergseth e Martin Utby, amici fin da piccoli, rispettare il loro proposito, maturato all’età di sette anni, di formare una band quando sarebbero stati grandi.
Il loro desiderio e la loro coerenza sono stati premiati, infatti, tra il 2021 e il 2022 il gruppo prende forma e nel 2023 l’esordio “The approbation” vede la luce per l’importante Inside Out, etichetta specializzata in produzioni in cui si miscelano metal e prog.
Infatti, è proprio all’interno di questi territori che si trovano le coordinate stilistiche della band.
Riassumendo, si possono tirare in ballo influenze che partono dai King Crimson più “moderni” (virgolettato d’obbligo visto che il Re Cremisi è nato “oltre”) e dai vicini Anglagard e Anekdoten per la parte prog, per passare dagli Opeth e arrivare a Tool e derivati per gli elementi più metal, senza tralasciare alcuni aspetti cari a Steven Wilson.

L’album è stato registrato in uno chalet nella foresta norvegese di Alvdal, luogo ideale per un concept che vede un’anima cupa, isolata e sola, immersa nei suoi pensieri relativi all’allontanamento dalla civiltà e alla morte.
Fatte queste premesse, non è difficile immaginare che l’opera sia pervasa da una melanconia di fondo che la rende estremamente affascinante.
La prima parte, che per i vinilisti corrisponde al lato A, è costituita da un quartetto di brani della durata media di circa 5 minuti che hanno uno schema simile tra loro, ovvero un inizio pesante e potente che gradualmente sfocia in momenti più dilatati e acustici, come si volesse simboleggiare il binomio dei turbamenti interiori del protagonista.
L’arpeggio iniziale della brevissima “Østerdalen” introduce “The pale moon” dove la voce di Simon D. Bergseth declina melodie intime ed eteree che trascinano immediatamente nell’ambientazione del concept per poi chiudersi con un growl che non stona nel contesto.
“Isolation” esplode tutta la sua potenza con riff rocciosi e la sezione ritmica sugli scudi offrendo una versione kingcrimsoniana del metal, per poi aprirsi su tappeti di tastiere e melodie sognanti e, infine, terminare con il travolgente magma iniziale.
Anche “The great white river” si inserisce sulle dinamiche conclusive del precedente, proseguendo in ambiente introspettivo in cui la voce pennella di bianco (come il “fiume”), interrotta solo da un piccolo cameo growl.
Un breve inizio dalle ritmiche serrate caratterizza “Arcane clouds”, ma non riesce a spazzare le “nuvole arcane” che continuano il loro viaggio accompagnate da melodie in cui voce, chitarre acustiche e tastiere avviano un vero crescendo emozionale che sfocia in un finale pirotecnico.
La seconda parte è costituita da due suite che ne esaltano ulteriormente il lato progressive,
“Anodyne”, è un brano dalla doppia personalità con i primi 5 minuti in cui potenza e cambi di tempo si esprimono in maniera arrembante lasciando che superbe tastiere trovino il loro spazio in mezzo a riff e ritmiche trascinanti, negli altri 5 chitarre acustiche e voce prendono il sopravvento e dipingono atmosfere sognanti.
Mentre i 13 minuti della conclusiva title track si esprimono in maniera quasi interamente strumentale concedendo solo una brevissima parte cantata; il brano è caratterizzato da un grande crogiolo di momenti musicali, passando con disinvoltura da parti più oniriche e ariose ad altre maggiormente claustrofobiche, caratterizzando al meglio gli stati d’animo che stanno alla base del concept.
Avkrvst, nome da tenere sotto osservazione, sperando anche di imparare a pronunciarlo.
Band:
Simon D. Bergseth – voce, chitarre, tastiere e basso
Martin Utby – batteria e tastiere
Oystein Heide Aadland – tastiere
Edvard Seim – chitarre
Auver Gaaren – tastiere
Guest:
Oystein Utby – basso su “The great white river”