Il Segno Del Comando è una band genovese che implementa con estremo merito la grande tradizione del rock progressivo ligure che già negli anni ‘70 ha costituito un vero punto di riferimento per la scena di quello che allora veniva definito il pop italiano; basti pensare al valore di New Trolls, Delirium, Latte e Miele, Nuova Idea, Museo Rosenbach,…
Ma per la band capitanata dal grande (in tutti i sensi) bassista Diego Banchero, questa definizione sta persino stretta, poiché nel loro sound gli elementi tipici del prog sono fusi con estrema disinvoltura a partiture hard’n’heavy e a una marchiata essenza gotica, tanto da renderli così trasversali da potersi esibire senza alcun problema in eventi heavy metal, progressivi o dark.
Già il nome condensa questi aspetti, essendo tratto dal romanzo “Il segno del comando” di Giuseppe D’Agata e dall’omonimo sceneggiato del 1971 diretto da Daniele D’Anza e interpretato magistralmente da Ugo Pagliai e Carla Gravina.
Il primo album omonimo era un concept interamente incentrato su quest’opera.
Ma la natura letteraria della band non si è esaurita con il loro esordio, perché anche “Der golem” (2002) e “Il volto verde” (2013) sono basati su scritti di Gustav Meyrink, scrittore ed esoterista austriaco vissuto a cavallo tra ‘800 e ‘900; così come “L’incanto dello zero” (2018) è ispirato al romanzo “Lo zero incantatore” di Cristian Raimondi.
Da qualche giorno è stato pubblicato “Il domenicano bianco”, nuovo lavoro della band; anche in questo caso ci si trova al cospetto di un concept relativo ad un’opera di Meyrink, “Der weisse dominikaner”, che va a concludere la trilogia dedicata all’autore.
“Il libro color cinabro” è uno strumentale dominato dall’organo, perfetto per introdurre l’ascoltatore nell’atmosfera dell’album.
Le chitarre di Roberto Lucanato e Davide Bruzzi diventano protagoniste ne “La bianca strada” per dare vita, insieme al resto della band, ad un brano di grande spessore.
L’anima heavy, prog e gotica del gruppo tocca il suo vertice nei sette minuti della title track, dove si evidenzia l’affiatamento dei musicisti, dovuto anche agli svariati concerti che hanno alle spalle, con la voce di Riccardo Morello, sempre calda, ben modulata e perfettamente adatta al contesto, e la sezione ritmica costituita da Diego Banchero e Fernando Cherchi sempre sugli scudi.
“Ofelia” apre uno spiraglio di luce regalandoci un brano più rilassato in cui Morello è ancora protagonista.
L’organo solenne e maestoso di Beppi Menozzi costituisce la strumentale “La testa di Medusa”.
Anche il brano successivo “Il dissolvimento del corpo con la spada” è uno strumentale, dove le qualità dei vari musicisti si amalgamano in uno strepitoso progressive oscuro tinteggiato anche da pennellate psichedeliche.
“Missa nigra 2023” è il rifacimento di un brano presente nel primo album secondo le caratteristiche della band attuale; pezzo potente e oscuro, eccellente oggi come allora.
L’album si chiude con un altro strumentale in cui si erge a protagonista assoluto Diego Banchero con il suo basso capace di esprimere emozioni dark.
La grandezza de Il Segno del Comando sta nel fatto che alla conclusione dell’ascolto di un loro album si ha anche la sensazione di aver terminato un libro o finito di guardare un film.
Da segnalare la versione ad edizione limitata nel cui box sono contenuti il vinile, il cd e svariate chicche per gli amatori… tra cui il sottoscritto!
Diego Banchero – Basso
Riccardo Morello – Voce
Roberto Lucanato – Chitarre
Davide Bruzzi – Chitarre e tastiere
Beppi Menozzi – Tastiere
Fernando Cherchi – Batteria