New York presa d’attacco dal puro death metal degli Obituary!!
A sostegno del loro ultimo album “Dying of Everything”, uscito lo scorso gennaio, gli Obituary si sono imbarcati in un tour che tocca il Nordamerica in questa prima parte dell’anno. Nonostante li abbia visti recentemente di spalla con gli Amon Amarth, decido di andarli a vedere di nuovo per due validi motivi: il primo è che l’ultimo album è davvero ad alti livelli, il secondo è che in questo concerto gli Obituary sono il gruppo principale. E non è un particolare da poco. Come vedremo fra poco, i cinque death metaller della Florida daranno il meglio di sé con un’ora e mezza di musica ferale, implacabile, senza risparmiare qualche chicca per i fans della prima ora.
Ma andiamo con ordine. Ad aprire le danze (o per meglio dire l’headbanging) ci sono gli Immolation, storica band newyorchese di death metal assieme a Suffocation and Incantation. Pur non avendo mai raggiunto alte vette di notorietà, il gruppo è sempre riuscito a rimanere a galla grazie a un seguito fedele e a una discografia coerente con i propri orientamenti musicali. Questa sera ci offre tre quarti d’ora di musica diretta come un pugno in pancia e onesta fino al midollo. Non vi sono sperimentazioni: gli Immolation propongono ciò che meglio sanno fare, death metal classico, senza fronzoli ma mai noioso, trascinati dallo storico cantante e bassista Ross Dolan e dall’altrettanto storico chitarrista Robert Vigna. L’inizio non lascia prigionieri con “Act of God”, “The Age of No Light” e “Harnessing Ruin”. Si prosegue poi con una carrellata dei pezzi più noti del gruppo, come “Despondent Soul” e “Let the Darkness in”. C’è poi spazio per una scena da libro “Cuore”. Poco prima della fine del concerto il cantante volge lo sguardo verso l’alto. Una preghiera al Signore? Dal cenno della mano non sembra proprio. D’un tratto una coppia di simpatici ottuagenari si affaccia alla ringhiera del piano rialzato, dove ci sono i posti a sedere. Sono mamma e papà che, ai saluti del figlio cantante, ricambiano con il segno delle corna. Heavy metal rules!
Gli Immolation terminano la loro esibizione e non ci poteva essere un gruppo migliore per preparare il campo agli incubi sanguinolenti degli Obituary. Dopo la classica intro “Snorting Whiskey” di Pat Travers (ma che c’entra poi?), entrano in scena i cinque floridiani con la trascinante “Redneck Stomp”, tratta da “Frozen in Time” del 2005. Il locale è pieno, c’è voglia di scatenarsi e tutto questo galvanizza gli Obituary, che appaiono veramente carichi. “Sentence Day” e “A lesson in vengeance” vanno giù dure e la voce di John Tardy non manca di produrre i suoi proverbiali rantoli dall’oltretomba. Va detto che i nuovi pezzi dal vivo spaccano proprio. “The Wrong Time” ha tutte le qualità per diventare presto un classico della band. Lo stesso dicasi per “Will To Live” con suoi trascinanti riff e la più veloce “Dying of Everything”, che a tratti rimanda alle migliori sonorità degli Anni Novanta. Dall’ultimo album vengono suonate anche “War” (l’unica che non mi fa impazzire), “Weaponize the hate”, i cui ritmi con doppia cassa non mancano di scatenare un furioso “mulinello” umano davanti al palco, e “Barely Alive”, che a detta del batterista Donald Tardy, rappresenta uno dei pezzi più veloci mai scritti dagli Obituary (effettivamente i nostri non hanno mai puntato sulla velocità per definire il proprio suono). Ben sei su quindici dunque i pezzi nuovi suonati dal vivo questa sera.
Ma c’è spazio naturalmente anche per pezzi più risalenti, come “Slow Death”, e per i “grandi successi”, come “Chopped in Half” e “I’m in pain”. Poi un tuono in lontananza, spaventoso. E la pioggia che cade incessante. Non viene da fuori ma dagli amplificatori. E’ la classica “Find the Arise” del 1990, un pezzo che negli ultimi tempi era stato dimenticato nonostante sia un vero e proprio manifesto della band (ripescate la compilation “Thrash the Wall” del 1990 e andate a vedere con quale pezzo erano presenti gli Obituary…). Si chiude con l’inno dei morti viventi “Slowly We Rot”, che ci consegna un gruppo che ha ancora tanto da dire nonostante gli anni sulle spalle. Fra i gruppi death metal della prima ora, gli Obituary figurano sicuramente fra quelli più in salute, sia in studio che dal vivo.
Se passano dalle vostre parti, io non avrei dubbi. Lasciate perdere per una sera la pizza con gli amici.