Per celebrare i cinquant’anni di attività Bryan Ferry, Andy Mackay, Phil Manzanera e Paul Thompson sono tornati sul palco a distanza di undici anni dall’ultimo tour “For Your Pleasure” per suonare i loro più grandi successi. Il tour prevede dieci date nel nord America prima di sbarcare nel Regno Unito e un evento cosi importante a New York non poteva che svolgersi in uno dei tempi della musica moderna: il Madison Square Garden. Ad aprire le danze è la cantante americana St. Vincent, il cui mix di rock, elettronica, soul e pop non tarda a coinvolgere il pubblico. A metà via fra l’esuberanza di Mika e il mondo colorato di Katy Perry, St. Vincent conferma con le sue schitarrate di essere un’amante del grunge di Nirvana e Soundgarden. Accompagnata da un lotto di tre coriste fantastiche, St. Vincent fa dell’eclettismo il suo marchio di fabbrica senza però risultare artefatta. Dal vivo passa da un registro all’altro con grande naturalezza, abbattendo ogni convenzione stilistica pur rimanendo nel filone pop rock.
Il mio vicino di sedia ha appena finito di sgranocchiare i suoi popcorn quando i Roxy Music fanno il loro ingresso sul palco. Il loro concerto inizia dalle origini: le prime note sono quelle di “Re-make/Re-model”, tratto dall’omonimo primo album della band albionica. Bryan Ferry è sempre la classe fatta persona. I suoi settantasei anni non gli impediscono di apparire ancora un modello di stile e di eleganza, anche se naturalmente in modo molto più sobrio rispetto agli anni Settanta. Vestito in abito scuro e camicia bianca, Ferry conserva nella sua voce i toni da dandy e il ciuffo sbarazzino accompagna fedelmente il suo sguardo strafottente. Le atmosfere sofisticate di “Out of the Blue”, tratto da “Country Life”, e quelle futuristiche di “Ladytron” (da “Roxy Music”) ricreano dal vivo la magia dei primi lavori della band, anche se forse non ci potranno mai dare l’idea dell’impatto dirompente che ebbero nel panorama musicale di allora. “While My Heart Is Still Beating” potrebbe essere la colonna sonora di una poesia di D’Annunzio mentre “Oh Yeah” è la prova di come i Roxy Music abbiano influenzato l’estetica e il sound pop degli Anni Ottanta, dai Duran Duran ai New Order. E se il sound su disco ha fatto scuola, quello dal vivo è curato nei minimi dettagli. Mai una sbavatura, mai un suono fuori posto. Tutto è in armonia con il resto e anche le parti psichedeliche sono godibili in ogni loro sfumatura. E pazienza se Bryan Ferry non ce la fa più a prendere le note più alte: ci pensano tre coristi a fare il lavoro duro. La musica poi impreziosita da immagini e giochi di luce che scorrono sullo sfondo del palco e che si divide fra paesaggi fantastici e ambientazioni newyorchesi. Ideale stacco fra la prima e la seconda parte del concerto è “In Every Dream Home a Heartache”, il pezzo più oscuro dei Roxy Music. La parte di organo è a dir poco inquietante dal vivo, accompagnata da luci soffuse e ombre lunghe, ma poi, quando meno te lo aspetti, il “boom” di batteria e chitarra ti svegliano come un uppercut assestato giusto sotto il tuo mento.
Con “Tara” il palco è tutto per Mackay e il suo oboe sognante e “To Turn You On” è un vero manifesto del romanticismo anni Ottanta e un vero e proprio ponte verso il successo di “Dance Away”. Ascolti le prime note e pensi che oggi nessuno si sognerebbe di scrivere un brano cosi sofisticato, con tanto di nacchere e legnetti! Ma forse è proprio per questo oggi suona più di rottura che quarant’anni fa. E che dire di “More Than This” e “Avalon”? Ma ve lo ricordate il video di quest’ultimo brano, fra ville cinquecentesche, nobildonne, falconi reali e gli sguardi languidi di Bryan Ferry? Dal vivo, tutto questo conquista definitivamente il Madison Square Garden, che si alza in piedi non appena vengono introdotte le note di “Love Is The Drug” seguite dalle inconfondibili linee di sax di Mackay. “Editions of you” ci presenza i Roxy Music in edizione punk, con tanto di assolo rumoristico di sintetizzatore. Il gran finale lo fanno “Do the Strand” e la cover di John Lennon “Jealous Guy”. C’è inevitabilmente tanta nostalgia in questo concerto.
I Roxy Music ci hanno riportato ai bei tempi andati e a suoni e atmosfere che sembrano ormai appartenere a un’altra epoca. Ma poi, siamo sicuri che sia veramente così?