Da dieci anni il Global Citizen Festival dà il suo contributo alla lotta contro la povertà. Lo fa un mega concerto pop rock che si svolge a Central Park a New York e in altre location in giro per il mondo (quest’anno è la volta di Accra, in Ghana), invitando artisti di fama mondiale. Figlio della grande stagione dei festival umanitari (uno su tutti: il “Live Aid” di metà anni Ottanta), il Global Citizen dà la possibilità di assistervi senza pagare alcun biglietto. In che modo? Occorre iscriversi sul sito dell’organizzazione e sottoscrivere alcune petizioni oppure rispondere a questionari su alcune problematiche globali. Ogni “azione” dà diritto a dei punti e, una volta che si raccolgono sessanta punti, si ha diritto a partecipare all’estrazione dei biglietti. Le probabilità di vincere non sono poche (in famiglia abbiamo partecipato e vinto tutti e quattro!). C’è comunque sempre la possibilità di acquistare il vero e proprio biglietto (che però costa caro: circa 300 dollari) e prendere posto nella zona antistante il palco.

Quest’anno i nomi in cartellone sono i più disparati, per lo più pop rock. Ma la band che interessa i lettori di questa rivista on line è quella che suonerà per ultima: i Metallica. Prima di passare ai four Horsemen, lasciatemi però dire due parole sui nostrani Måneskin, che hanno suonato per penultimi, dimostrando di essere ormai delle celebrità qui negli Stati Uniti. Io non appartengo alla schiera di chi li snobba. Per me fanno della buona musica: fanno rock con chitarra, basso e batteria, il che è tutto fuorché scontato oggi. Non inventano nulla? È vero ma ripropongono il buon vecchio rock con un tocco moderno e un’immagine fresca. E poi sono italiani. Ma l’avete mai visto un gruppo del nostro Paese sfondare negli States a questi livelli? Chi ha mai visto un gruppo italiano sugli schermi giganteschi di Times Square? Eppure i Måneskin ci sono riusciti. E anche questa sera aprono la loro esibizione cantando “Zitti e Buoni”, che li ha fatti conoscere in tutto il mondo, per poi passare alla cover di Frankie Valli “Beggin”, che è stata decisiva nel farli conoscere a queste latitudini. “Supermodel” è un pezzo trascinante e la voce di Damiano colpisce le corde giuste senza mai strafare o scimmiottare altri suoi più celebri colleghi. Il set si conclude con gli accordi oscuri di “Gasoline”, il pezzo sulla guerra in Ucraina, e il rock in stile White Stripes di “I Wanna Be Your Slave”.

Bravi dunque i quattro ragazzi romani, ormai fra gli idoli della generazione Z americana. Chi invece è diventato patrimonio di tutti sono i Metallica, il gruppo di punta dell’intero festival. I Four Horsemen hanno suonato otto pezzi per un totale di circa tre quarti d’ora, incentrati soprattutto sul repertorio del “Black Album”. Il buio è ormai calato su Central Park, le luci dei grattacieli stanno già brillando quando il riff thrash di “Creeping Death” comincia a colpire duro. Il pubblico non è quello dei concerti metal: non c’è stage diving né pogo per il pubblico generalista del Global Citizen. I fan dei Metallica però ci sono e si fanno sentire, anche se in maniera più composta del solito. “For whom the Bell Tolls” ci riporta ai gloriosi primi anni Novanta e il celebre riff inziale di “Enter Sandman”, a più di trent’anni di distanza dalla nascita, suona sempre fresco e diretto. Ed è sempre Black Album con “Sad But True”, accolta trionfalmente dai fan delle prime file e le campane di “Unforgiven” ci introducono alle atmosfere più malinconiche dei Metallica. “Do you feel it New York?” è il grido che a un certo punto lancia James Hetfield, mentre il solito Lars Urlich continua a colpire le pelli come un disperato. “Kirk Hammet” emerge con i suoi assoli su “Wherever I May Roam” e prepara il terreno per un altro classico dei Metallica: “Nothing Else Matters”, questa volta però eseguita in duetto con la cantante country Mickey Guyton. Il finale è tutto per la sempiterna “Master Of Puppets”. Ai primi riff della chitarra pitonata di Hefield, lo schermo alle spalle della band si popola di croci che rievocano la copertina del mitico disco. Al momento dello splendido intermezzo a due chitarre, volgo lo sguardo intorno e al posto del camposanto della copertina c’è Central Park e le mille luci di New York.

Una sensazione unica che sono sicuro avranno provato anche i Four Horsemen durante questo breve ma intenso concerto, suonato non dentro al solito anonimo palasport ma in uno dei luoghi più iconici di sempre. 

Per chi vuole, su YouTube è possibile trovare l’intero concerto del Global Citizen.