Il tizio sanguina visibilmente. Ha il cranio spaccato a metà. Mi rivolge uno sguardo assente e poi esce dalla metropolitana, risucchiato dalla folla. È una serata inquietante per girare a New York. È la sera del 31 ottobre e per una notte Manhattan si dimentica di essere la città dalle mille luci e si popola di zombie, mostri, vampiri, serial killer che si troveranno a sfilare e ballare fino a notte inoltrata.

Mi trovo sulla metro numero 6 in direzione downtown. Alla Stazione Centrale salgono due tribù di vampiri che potrebbero essere la versione gothic delle bande di criminali del film “The Warriors”. Ma non hanno cattive intenzioni: discutono animatamente fra di loro, fra un occhio reciso e un arto mozzato. Scendo alla fermata di Union Square, popolare ritrovo di gente alternativa e sbandati di ogni sorta, e mi ritrovo in mezzo a un flusso di creature infernali che piano piano viene vomitato fuori dall’uscita della metropolitana.

Esco dal fiume umano e, dopo due isolati, mi ritrovo di fronte a un’umanità simile ma molto, molto più inquietante. È la fila per entrare all’Irving Plaza, dove questa sera suoneranno i Gwar con di spalla gli Eyehategod e i Napalm Death. Ed è uno spettacolo: accanto a zombie e vampiri c’è gente vestita esattamente come i popolari cavernicoli marziani impersonati dai Gwar (ma dove li avranno presi i vestiti?). Possibile che questa band riscuota cosi tanto successo, a oltre trent’anni dal loro esordio? Eppure stasera c’è il tutto esaurito, il locale strabocca di gente a tal punto che gli organizzatori hanno dovuto aggiungere un’altra data a metà dicembre. Iniziano le danze gli Eyehategod, una band che non ha mai avuto veramente successo ma che è stata uno dei protagonisti della corrente sludge metal degli anni Novanta, assieme a Soilent Green e Acid Bath.

La voce del cantante, Mike Williams, è rimasta abrasiva, nonostante gli anni sul groppone, e non c’è antipasto migliore per i Napalm Death, che suoneranno subito dopo. Rispetto a quando li vidi qui a New York due anni fa, il gruppo di Birmingham gode di una forma migliore: il cantante Barney Greenway ha risolto i suoi problemi alla gamba e il bassista, Shane Embury, é di nuovo in scena (due anni fa aveva saltato il concerto, sostituito da un roadie). Set breve ma tiratissimo con i grandi successi della band compressi in quarantacinque minuti senza scampo. Un assalto sonoro impietoso, con Barney che sbraita i suoi testi impegnati mentre Shane pare assorto in un’altra dimensione. Dietro alle pelli c’è il solito Danny Herrera, batterista preciso e implacabile maestro del blast beat.  Con lui la velocità è un’arte : “Unchallenged Hate”, “Lucid Fairytale”, la ermetica “You Suffer”, “Scum”, “Suffer the Children” scorrono come un Frecciarossa in corsa, che finisce con la classica cover dei Dead Kennedy, “Nazi Punks fuck off”, cantata con la solita rabbia non violenta da Barney Greenway.

I GWAR in concerto: un’orgia di sangue e devastazione!

Una pausa di mezz’ora ed entrano in scena i cavernicoli extraterrestri che tutti conosciamo. Anche i Gwar non sfuggono all’ondata del revival e il concerto di stasera é la riproposizione per intero dell’album più di successo, “ Scumdogs of the Earth”, e di tutta la strampalata storia che esso racconta, a trent’anni dalla sua pubblicazione. Riesco a guadagnare le prime file, giusto in tempo per trovarmi di fronte il cantante Blothar in tutto il suo aspetto grottesco e la sua voce da orco cattivo. Bastano i primi accordi per calarsi in un’atmosfera surreale. Tutto è completamente sopra le righe e il cattivo gusto diventa la regola. Il palco si popola via via di creature con falli giganti e armature bislacche, che ci mettono poco per litigare e darsi pugni.

Tutto bene finché non viene portato sul palco un sozzo caprone (naturalmente finto) che, di li a poco, verrà sventrato e dalle sue interiora partiranno schizzi di sangue finto. Riesco a nascondermi dietro qualche schiena ma servirà a poco. Poco dopo essere riemerso, vengo colpito in pieno da un fiotto di sangue che mi fa indietreggiare verso le retrovie. Mentre mi ritrovo la faccia completamente rossa, i Gwar proseguono con i loro pezzi a metà fra il rock, il metal e il punk. “I’ll be your monster”, “Love Surgery”, ”Vlad the Impaler” sono la colonna sonora di uno spettacolo che fa dell’indecenza la sua  parola d’ordine.   Se musicalmente sono limitati, i Gwar trovano la loro forza nello spettacolo che offrono e nel loro umorismo oltre le righe. A mano a mano che passa il tempo, aumentano a dismisura i litri di sangue spruzzati sul pubblico, cui si aggiungono poi gli strani liquidi blu sparati dai peni giganti dei personaggi dei Gwar. Ma la scena più improbabile sta dietro di me. Un personaggio interamente vestito da papa, con tanto di garmenti e mitra, si fa largo lentamente verso il palco. Verrà ben presto investito da una raffica di sangue che cambierà per sempre il colore dei suoi abiti. Ignoro chi fosse quel personaggio ma a lui andrebbe certamente dato il premio originalità della serata. I Gwar hanno poi una caratteristica: non risparmiano nessuno. Neppure il loro presidente, che verrà impietosamente decapitato in loco e, manco a dirlo, sparerà pure  lui sangue sul pubblico.

Alla fine del concerto l’Irving Plaza è un posto completamente bagnato di sangue finto e simil sperma. Le pareti grondano di liquidi colorati e umidità. Il pavimento è un cimitero di lattine di birra. Mi domando come faranno a ripulire il locale. Lo domando pure a un tizio, che mi risponde come l’ultimo pezzo suonato dai Gwar: “Fuck this place”.