Gli Alcest sono francesi e il loro nucleo di partenza ha avuto i natali nel 2000 a Bagnols-sur-Cèze, a sud della Francia, in terre occitane a ridosso della Provenza.

Il fondatore è Neige, al secolo Stéphane Paut, già noto nel mondo del black metal d’oltralpe (Peste Noire tra gli altri).

Forti richiami al genere originario caratterizzano anche le prime registrazioni della band, ma il leader, nella lunga gestazione dell’album di debutto, “Souvenirs d’un autre monde” (2007), manifesta chiaramente la sua propensione a staccarsi dalle sonorità estreme per abbracciare quelle del shoegaze, del post-rock, del dark e del folk, tanto che per loro verrà tirato in ballo il termine blackgaze.

Da qui una serie di album variegati in cui si visitano anche ambienti prog, prevalentemente nel terzo “Les voyages de l’âme” (2012), e, addirittura, la cultura giapponese, in “Kodama” (2016).

Da pochissimo è uscito il settimo album “Les chants de l’aurore” che sarebbe da prendere in considerazione anche solo per la meravigliosa copertina, assolutamente en pendent con titolo e sonorità proposte.

Già l’opener “Komorebi” sa di suoni della natura che aumentano di intensità al levar del sole, alternando ritmiche estremamente dinamiche a momenti di dolcezza melanconica, tant’è vero che il titolo, tradotto dal giapponese, significa “la luce del sole filtra attraverso il fogliame”.

Le chitarre di “Envol” cominciano ad aumentare il voltaggio, sorreggendo descrizioni naturali e sognanti che aprono a momenti liquidi alternati ad altri acustici, per otto minuti variegati nei i quali c’è più di una strizzata d’occhio a un’idea prog.

“Améthiste” è un vero gioiello di potenza maestosa che si sposa con il fascino arcano e boschivo come da loro marchio di fabbrica e dove anche alcuni passaggi vocali “estremi” non stonano nell’evoluzione del brano.

Ancora classe a piene mani in “Flamme jaumelle”, dove ai cambi di tempo consueti si aggiunge un afflato pop azzeccato.

La natura offre sempre momenti di pace e qui sono tradotti dalla delicata e breve “Réminescence” col suo romanticismo puro.

Il connubio franco-nipponico di “L’enfant de la lune” si evidenzia con la prima strofa in lingua giapponese, favorita dalla presenza come ospite della violista Haruna Nakaie, per poi deflagrare con ritmiche serrate e veloci su cui si sviluppano le melodie, per un risultato inferiore alle aspettative.

Il finale è affidato a un brano, “L’adieu”, in cui arpeggi acustici fanno da base ad un testo costituito da una poesia di Guillaume Apollinaire, considerato uno degli inventori della parola “surrealismo”.

Album che conferma la strada intrapresa dagli Alcest e ne evidenzia la loro classe.

Band:

Neige – voci, chitarre, basso, synths, piano e glockenspiel

Winterhalter – batteria e percussioni

Guests:

Élise Aranguren, Gisli Gunnarsson, France Lafumat, Margot and Sacha Gentil – voci

Haruna Nakaie – viola e voci