Malombra è soprattutto un viaggio attraverso l’arte.

Si parte dalla letteratura con il romanzo di Antonio Fogazzaro edito nel 1881.

Si passa dal cinema con ben tre versioni per il grande schermo dirette rispettivamente da Carmine Gallone nel 1917, Mario Soldati nel 1942 e Bruno Gaburro nel 1984, senza dimenticare lo sceneggiato televisivo girato nel 1974 da Raffaele Meloni.

Infine, si arriva alla musica quando, negli anni ‘90, sulla scena genovese compare una band che reca questo nome oscuro e misterioso: Malombra!

Siamo in anni in cui si sta affievolendo l’onda del grande successo delle centinaia di band hard rock della decade precedente; resistono ancora alcuni grandi nomi e c’è il colpo di coda del grunge.

Dal punto di vista dei filoni musicali, oltre alla succitata scena di Seattle, si poteva individuare un certo movimento in ambito gothic metal dove una pletora di band dalle provenienze variegate e con approcci piuttosto personali univano l’aggressività e la potenza del metal alle atmosfere lugubri e decadenti della darkwave degli ‘80, Sister of Mercy e Fields of the Nephilim su tutti; senza contare la scena estrema con un costante seguito.

I Malombra 2023

In questo contesto, dal 1990, nel capoluogo ligure gravitava un negozio di dischi, Black Widow Records, che era ormai diventato un punto di riferimento culturale e musicale ben oltre i confini della città e della regione, ma non solo, da poco aveva cominciato ad operare come casa discografica, dapprima ristampando l’album degli epici Crystal Phoenix e poi producendo la splendida versione in cofanetto del minilp dei progster Men of Lake.

Di lì a poco, nel 1993, ci sarebbe stata l’uscita del primo album omonimo dei Malombra, ancora oggi importantissimo, non solo per la qualità della musica in esso contenuta, ma anche per essere enormemente avanti attraverso una proposta variegata e coraggiosa.

La band darà alla luce anche “Our lady of the bones” (1996) e “The dissolution age” (2001), per poi fermare la propria attività compositiva e concertistica.

Questo nuovo album “T.R.E.S.” in realtà avrebbe dovuto essere il terzo della band, ma, all’epoca, varie situazioni interne ne preclusero l’uscita.

La scelta del titolo, peraltro già citato nella copertina del secondo, ha una doppia chiave di lettura: da un lato richiama un termine, “T.R.E.S.”, citato nel romanzo di Umberto EcoIl pendolo di Focault” e che indica una confraternita occulta, una sorta di setta in ambito esoterico (Templi Resurgentes Equites Synarchici); dall’altro, più semplicemente rimanda al numero tre, proprio per indicare che, negli intendimenti, l’album avrebbe dovuto essere il terzo e ultimo della band.

All’epoca solo una parte della raccolta fu preprodotta in vista di quella che avrebbe dovuto essere l’uscita, per cui il tutto è stato ripreso in tempi recenti per arrivare all’album in oggetto, dove le caratteristica peculiari del suono Malombra emergono tutte: doom, progressive, punk, gothic,… cui si aggiunge “una qualche velleità autoriale”, oltre alla definitiva scelta di adottare interamente la lingua italiana per le liriche.

L’album è stato interamente composto dalla formazione storica dei Malombra (Mercy, Matteo Ricci, Mario Paglieri, Fabio Casanova e Andrea Orlando), tranne “Allucinazione ipnagogica” e “La sola immanenza” (Mercy e Matteo Ricci); hanno invece contribuito alla sua elaborazione in studio: Mercy (voce e testi), Matteo Ricci (chirarre, basso, mellotron e vocoder), Fabio Cuomo (batteria e tastiere) e Giulio Gaietto (batteria in “Allucinazione ipnagogica”).

“Astarte syriaca” ha il compito di aprire l’album con un breve intro che deflagra in un contesto doom cui poi si aggiungono connotati kingcrimsoniani e il cantato declamatorio e marziale di Mercy che omaggia gli artisti del movimento Prerafaellita, collocato tra l’età romantica e quella vittoriana, molto somiglianti agli artisti glam, punk e goth dei ‘70.

L’inizio sinfonicamente esoterico di “Baccanalia” conduce in un brano dotato di dinamicità oscura su cui imperversano la chitarra frippiana e il cantato recitato per arrivare a un finale dal forte impatto, con chiusura su toni epici.

Tastiere allucinate caratterizzano la parte iniziale di “Malombra”  e introducono il brano in cui il cantato palesa, più che in altri pezzi, le influenze  radicate nel cantautorato italiano, nella fattispecie Enrico Ruggeri che peraltro ha già collaborato  con Mercy nel progetto di quest’ultimo a nome Ianva; il brano poi ha una evoluzione che coniuga contestualmente hard, dark e prog; ancora alternanza di momenti sinfonici e rilassati con aperture più pesanti e progressive per un brano di livello assoluto, dalle inclinazioni testuali romantico/decadenti più accentuate rispetto al resto… non a caso il titolo non coincide solo col nome del gruppo, ma anche con il titolo del romanzo di Fogazzaro di cui sopra.

“Allucinazione ipnagogica” è il brano più cantautorale dell’album dove le parti strumentali lasciano il ruolo di protagonista a cantato e testo, prettamente onirici, in cui emergono maggiormente le nevrosi e le psicosi individuali rispetto all’evolversi dei tempi.

Un momento di pacatezza è solo il preludio per addentrarci nella potenza travolgentemente geniale della suite “Cerchio Gaia 666”, dove la ricchezza di suoni supporta un testo duro imperniato su una critica alla standardizzazione (conformismo, globalizzazione,…) attuale.

Questo brano è l’emblema della cultura musicale che sta alle spalle della band, dove, parafrasando la presentazione dell’album contenuta all’interno dello stesso, “ognuno portava del suo, ma poi del suo non trovava abbastanza”.

Il progressive odierno passa da composizioni di questo tipo e non dall’imitazione pedissequa degli eroi del passato.

“Fantasmagoria 1914” si esprime attraverso un doom che sfocia nel prog e che fa da base a linee vocali che restano conficcate in testa senza scampo; splendido il testo che ironizza sulle aspettative che antecedettero la prima guerra mondiale.

La chiusura viene lasciata alle sinfonie drammatiche di “La sola immanenza” che poi fanno da sfondo ad un recitato che ancora si riferisce alle atrocità del conflitto.

Concludo palesando il mio entusiasmo per un’opera d’arte assoluta che richiede più di un ascolto per essere assaporata appieno.

Inutile dire che la versione deluxe in vinile contiene un fantastico libro interno con i testi e un’articolata storia dell’album, dal suo concepimento al suo parto definitivo.