Gli Avatarium sono svedesi, più precisamente di Stoccolma.

Sono attivi dal 2013 e fino a oggi avevano pubblicato quattro album meravigliosi.

La matrice del loro sound è un doom ispirato ai Black Sabbath piú “progressivi” del periodo da “Volume IV” in avanti ed epico come quello dei concittadini, nonché fratelli maggiori, Candlemass, band con cui condividono pure il co-fondatore Leif Edling.

Ma questo è solo il punto di partenza della loro proposta, dato che ciò che li contraddistingue è la continua contaminazione con folk, prog e psych’n’blues.

Senza dimenticare la capacità non comune di scrivere canzoni indimenticabili.

Tutto ciò è facilitato dalle doti tecniche e compositive della band, in particolare della cantante Jeannie-Ann Smith e del chitarrista e produttore Marcus Jidell.

Avatarium: la nuova dimensioen del doom metal

La prima è una dea dell’arte canora che caratterizza e impreziosisce i brani con la sua voce calda, morbida e avvolgente, come il velluto; senza contare il suo contributo con interventi di piano, organo e chitarra acustica.

Il secondo è un talento delle sei corde, abile e determinante in ogni situazione, dai riff più pesanti agli assoli e alle divagazioni psichedeliche, blueseggianti e acustiche; ma anche fondamentale nel ruolo di produttore, anche per i sopracitati Candlemass, e in quello di polistrumentista, destreggiandosi anche con tastiere, cello e altro.

Entrambi sono i principali compositori della band.

Il nuovo album, intitolato “Death, where is your sting”, si muove da queste premesse, ma aggiunge un ulteriore senso introspettivo e malinconico dettato dal fatto di essere stato pensato e composto in pieno periodo Covid che, da un lato, ha tarpato le ali alla loro attività a seguito dell’uscita del conclamato “The fire I long for” e, dall’altro, ha originato un bagaglio di sensazioni derivanti da incertezze, paure e relazioni “differenti” prodotte dalla pandemia.

Tutto ciò si evince già dal pezzo di apertura, “A love like ours”, dove cello e chitarre acustiche introducono un’atmosfera crepuscolare dove poi vanno ad inserirsi vari strumenti e la voce di Jeannie-Ann; splendido l’assolo di Marcus e a seguire quello di un acidissimo violino che riporta alla mente il mitico Simon House; brano passionale e romantico, come deve essere l’amore.

“Stockholm” inizia con un riff pesante e oscuro, ricordandoci che la band rientra nel mondo del doom, ma ecco che elementi acustici vanno a creare la base per le pennellate vocali della Smith per poi fondersi con le parti elettriche e ancora con interventi degli archi; le strofe sono intervallate da un coretto caro agli Uriah Heep; brano emotivo, come deve essere una dedica alla propria città.

Non fai in tempo a riprenderti da tanto splendore che arriva “Death, where is your sting”, una semiballad dall’andamento e dal ritornello irresistibili, destinata a essere riascoltata all’infinito e con un’interpretazione vocale da urlo; brano sfrontato, come sfrontato deve essere l’atteggiamento in un confronto con la morte.

A questo punto uno potrebbe dire di essere appagato, ma ecco un’altra sorpresa: “Psalm for the living”, un’invocazione in cui si erge ad assoluta protagonista Jeannie-Ann Smith che tocca vertici ultraterreni; brano spirituale, come deve essere una preghiera.

“God is silent” è doom allo stato puro, pur mantenendo le aperture volte a decomprimerlo; Marcus sciorina riff pesanti, in cui la voce si insinua con la sua classe infinita, e ci regala un assolo meraviglioso; brano mistico, come deve essere un riferimento al divino.

“Mother can you hear me now” è un’altra composizione variegata e tipica della band che ci regala momenti vocali e strumentali meravigliosi, in particolare la solista di Marcus dispensa emozioni pure; brano intimo, come deve essere un dialogo con la propria madre.

“Nocturne” è il pezzo più heavy dell’album, con riff ad alto voltaggio e un ritornello che riesce a illuminare il buio; brano crepuscolare, come quando ci si avvicina alla notte.

Il coraggio della band si manifesta chiudendo con un brano strumentale, “Transcendent”, come per dimostrare che quando la squadra è forte si può vincere anche senza il proprio elemento di punta; anche qui la ricchezza dei suoni si dimostra la loro peculiarità, passando da momenti più introspettivi ad altri più heavy; fantastici interventi di violino mi fanno venire alla mente i migliori My Dying Bride; brano di altra dimensione, come deve essere ciò che anela alla trascendenza.

Terminato l’ascolto, la diagnosi è chiara: Sindrome di Stoccolma.

Sì, perché gli Avatarium con i primi quattro album già mi avevano rapito e imprigionato, ma l’ascolto del nuovo “Death, where is your sting” mi dà la certezza di essermi innamorato  perdutamente dei miei carcerieri.

Chiudo con alcune informazioni e curiosità:

  • l’album è stato pubblicato in lp, comprese un paio di edizioni in vinile colorato, e in cd, sia in formato normale sia in versione limitata deluxe con una confezione a libro (dalle dimensioni quasi del vinile) arricchita da una serie di foto fantastiche, testi e un cd bonus contenente alcuni cavalli di battaglia dagli album precedenti suonati in versione alternativa “live in studio” (una chicca!)
  • qualche anno fa, i grandissimi doomer veronesi Epitaph furono coinvolti in un tour europeo che li portò a suonare in diversi festival; dialogando con il nostro redattore Gianni Della Cioppa, il bassista Nico Murray disse che considerava gli Avatarium una band di livello superiore, forse la migliore tra tutte quelle con cui avevano condiviso il palco durante quel tour.

The band:

Jeannie-Ann Smith – vocals, additional organ on “Death, where is your sting”, piano on “Stockholm”

Marcus Jidell – guitars, additional piano, keyboards, cello, theremin and backing vocals

Andreas Habo Johansson – drums and percussion

Mats Rydström – bass

Daniel Karlsson – keyboards

Guests:

Richard Nilsson – keyboards

Svante Henryson – cello

Hanna Helgegren – violin

Stefan Nykvist – backing vocals

Produced by Marcus Jidell

Lyrics by Jeannie-Ann Smith

“Death, where is your sting”

(AFM Records, 2022)