Gli Inglesi Crippled Black Phoenix, rispetto ai tempi attuali, hanno una produzione discografica sorprendentemente prolifica e questa fertile vena creativa fa sì che quando si comincia ad avvertire il bisogno di ascoltarli ecco che escono puntuali con un nuovo album.

La loro discografia, iniziata nel 2006, non solo è ricca, ma ha un livello qualitativo elevatissimo, con i vertici rappresentati da “I, vigilante” del 2010, “White light generator” del 2014 e “Great escape” del 2018… fino a oggi… eh sì, perché l’appena uscito “Banefyre”, non solo si candida a essere inserito nella top ten dell’anno, ma anche a diventare il loro capolavoro.

Il loro è un dark prog con sfumature hard, gothic, folk e psych, caratterizzato da chiaroscuri continui che ben richiamano la terra dei fantasmi cui si riferisce il terzo brano “Ghostland”.

Premesso che il loro sound è molto personale, le influenze che emergono sono molto variegate e vanno dai Pink Floyd più liquidi e psichedelici ai Dead Can Dance, toccando anche Sisters of Mercy, Fields of the Nephilim e Killing Joke, con qualche spruzzata dei Van Der Graaf Generator più oscuri, insomma, Albione la fa da padrone.

L’apertura è lasciata ad una breve intro parlata, ma che denota già le atmosfere in cui verremo immersi, compito che condivide con “Wytches and basterdz” dove la voce di Belinda si erge su un crescendo gotico progressivo meraviglioso.

La già citata “Ghostland” è caratterizzata da un ritmica marziale, colonna sonora ideale per una processione di fantasmi protagonisti anche nella parte vocale.

“The reckoning” è un brano maestoso e straordinario, dove le ritmiche si fanno più tribali e dove la ricchezza e la varietà di suoni ci conduce in un viaggio magnifico in cui la voce maschile di Joel è accompagnata da un coro da brividi e dalla presenza di un violino acido.

Quando si pensa che più di così sia impossibile, arriva “Bonefire”, in cui tornano sugli scudi le parti vocali di Belinda, regalandoci un brano più semplice del precedente, ma dalle melodie eccelse.

“Rose of Jericho” si presenta con una parte sinfonica che sfocia in un trip psych dark dal fascino oscuro che trasforma il brano in una favolosa mini suite.

“Blackout ‘77”  si muove in territori piú  pinkfloydiani.

“Down the rabbit hole” è un altro capolavoro caratterizzato da momenti più rilassati e altri più travolgenti, per poi proseguire con una seconda parte molto dinamica e hardeggiante dove alla splendida voce di Belinda si alterna a un coro sinfonico magistrale. 

“Everything is beautiful, but us” offre un crescendo di bellezza e potenza assolute.

L’alternanza tra voce femminile e maschile continua e con “The pilgrim” ci troviano di fronte al brano più liquido dell’album.

Si ritorna in ambienti dark e “I’m okay, just not alright” ci regala quasi 10 minuti di magia oscura e decadente.

La conclusione di questo percorso è affidata alla suite “The scene is a false prophet” che si muove attraverso atmosfere crepuscolari per poi aprirsi in un sinfonismo psichedelico mostruoso, garantendo una degna chiusura a un album perfetto.

Anche la splendida copertina di Lucy Marshall è degna dell’album.

Chiudo con due curiosità inerenti al legame dei Crippled Black Phoenix con l’Italia: innanzitutto, spesso suonano dal vivo “Bella ciao” interpretandola alla loro maniera, in secondo luogo, qualche anno fa, grazie allo stesso contatto che permise la collaborazione tra Paul Chain e Lee Dorrian dei Cathedral, la bellissima e talentuosa Elisa Montaldo, della band prog genovese Il Tempio delle Clessidre, fu vicina a diventare la tastierista del gruppo.

Produced by Justin Greaves

Band:

Justin Greaves – guitars, drums, synth, percussion, sample, ebow, bass

Belinda Kordic – lead and backing vocals

Helen Stanley – synth, trumpet, piano, battle drums, rhodes

Andy Taylor – guitars, bass, baritone

Joel Segerstedt – lead and backing vocals

Guests:

Matt Crawford – bass, battle drums

Chrissie Caulfield – violin

Shane Bugbee –

Rene Misje – backing vocals

Frode Kilvik – backing vocals

Jugglo Wall – vibraphone, drum rumble

Lucy Marshall – battle drums

Andy Marshall -battle drums