In supporto del loro nuovo album ”Existence is futile”, uscito il 22 ottobre, i Cradle of Filth decidono di scaldare i motori con una serie di concerti da questa parte dell’Oceano Atlantico. Scopi promozionali dunque ma anche un ritorno alla vita “on the road” dopo un anno e mezzo di inattività dovuta a pandemie e quarantene varie. Il concerto di questa sera fa parte del tour nordamericano denominato “Lustmord and Tourgasm”, che vede i britannici riproporre per intero uno dei loro album più fortunati, il glorioso “Cruelty and The Beast” del 1998, assieme a qualche “hit” della band e un paio di pezzi nuovi. Un tuffo nel passato che sembra colpire nel segno. L’Irving Plaza è pieno di gente e le famigerate magliette sacrileghe di inizio carriera vendono ancora come il pane, compresa quella che Dani Filth indossò a metà anni Novanta a due passi dal Vaticano e che gli costò qualche problema con le forze dell’ordine nostrane. Non fu l’unico caso, come sappiamo: da venticinque anni a questa parte, svariati fan dei Cradle in giro per il mondo hanno avuto problemi di vario tipo e pare proprio che la fama maledetta di questa maglietta si sia tramandata fino ad oggi, a giudicare dal numero dei capi che ho visto vendere durante la serata.
Si aprono le tenebre con “Thirteen autumns and a widow”, “Cruelty brought thee orchids” e “Beneath the howling stars”, vero e proprio compendio di decadentismo sonoro a metà via fra il sinfonico, il gotico e il black, che costituisce il marchio di fabbrica dei Cradle of Filth. Dani è il solito folletto che scorrazza da una parte all’altra del palco, facendo a volte capolino su una sorta di pulpito da cui invoca le sue storie di sangue, morte e bellezza. A parte qualche chilo in più, non ha perso lo smalto di quando lo vidi la prima volta nel lontano 1998 proprio in occasione del tour di “Cruelty and the Beast”, anche se trovo che dal vivo ecceda in quelle grida sfonda-timpani che, a lungo andare, risultano persino fastidiose. “Desire in Violent Overture”,”The twisted nails of faith” e “Bathory aria” costituiscono la parte centrale del concerto e infestano l’aria con le loro putride atmosfere black-symphonic. I continui cambi di tempo, le sfuriate di blast beat e il suono compatto rivelano un gruppo in buona salute, dotato di buone individualità, come la coppia di chitarristi Richard Shaw and Marek Smerda. E lasciatemi spendere un elogio particolare per la nuova tastierista Anabelle Iratni, non soltanto brava nelle parti di pianoforte ma anche abile cantante dall’impostazione lirica e dotata pure di una certa teatralità che certo si adatta allo stile dei Cradle of Filth. La terribile storia della contessa Bathory prosegue con “Lustmord and Wargasm”, dalle cavalcate in stile Iron Maiden. E proprio alla band di Steve Harris rimandano i Cradle con la loro cover di “Hallowed be thy name” che, così come su disco, non mi convince neppure dal vivo: troppo anonima la resa vocale per reggere il confronto con il cantato di Bruce Dickinson. Si torna in territori più consoni ai Cradle con “Crawling King Chaos”. Si tratta del primo singolo tratto dal nuovo album “Existence is futile” e colpisce al cuore con le sue arie da fine del mondo, alternate con accelerazioni black metal in vecchio stile. Con “Nymphetamine Fix” si arriva al trionfo del gotico: indubbiamente uno dei pezzi più belli dei Cradle of Filth, che dal vivo rende ancora meglio che su disco. La struggente “Necromantic phantasies” è il secondo brano tratto dal nuovo album e rimanda alle immagini da inferno dantesco dell’omonimo video, una vera storia in stile “la bella e la bestia” ma, naturalmente, in salsa molto più gotica. Gli albionici chiudono con la classica “From the Cradle to Enslave”, un altro gioiellino del secolo scorso (anzi, diciamo del 1999, che suona meno polveroso), anche se pare non sia fra i brani preferiti di Dani. Dopo i saluti di rito, vengo espettorato fuori dall’Irving Plaza, trascinato dalla folla che ha quasi congestionato il locale per vedere i Cradle of Filth post pandemia. E la sentenza che odo è unanime: nonostante il COVID, la fiamma è ancora viva.