Periodicamente pare che in molti vogliano rinverdire i fasti di chi sceglie un approccio intimista o bucolico per la propria proposta musicale, quando in realtà lo stesso è costante in ogni periodo storico, cambiandone forse solo la minore o maggiore esposizione mediatica.

In una realtà sempre più frastagliata del panorama musicale, certi tentativi giustificativi lasciano il tempo che trovano, ma ancora nei primi anni 2000 la stampa aveva coniato nuovi movimenti musicale proclamando un “new acoustic movement” o narrando come il trip hop di Bristol fosse una risposta ad una necessità di “rallentamento dei ritmi vitali” di fonte alla frenesia dei tempi moderni (peraltro nello stesso periodo di esplosione della jungle e del drum ‘n’ bass).

Poco importa, ciò che preme segnalare è che l’album del duo veronese Mac/Corlevich “Rain or Shine” è una vera e propria rivelazione, che rischia di rimanere sommerso nel sottobosco veronese, per un progetto che all’ascolto trasuda sì passione ma pure professionalità, regalando un (raro ed inatteso )respiro internazionale al progetto.

Colpisce la vocalità di “Laneganiana” memoria di Cristiano Mecchi, con una pronuncia dell’idioma anglosassone finalmente scevra da ingenui provincialismi, accompagnato dal fido ed inappuntabile Davide Corlevich.

Ben calibrati e raffinati gli arrangiamenti, che sposano una serie di brani in toto vincenti, per un ascolto senza “skip” dell’album , di cui si consiglia la versione in vinile.

Che vogliate associarli ad etichette come alternative o indie folk od accostarli a nomi altisonanti come Sparklehorse (da cui però non ereditano la vena sommessa e a tratti psichedelica) o Elliott Smith (meno marcato il loro sentore pop) o , tornando indietro nel tempo, a Simon & Garfunkel o James Taylor, poco importa; la qualità compositiva dei dieci brani, di cui nove autografi (al netto della cover di “Let your eyes Wander” di un certo Chris Cornell), è elevata e promettente per un duo all’esordio che ci sentiamo di promuovere a pieni voti.