Sono passati esattamente trent’anni dal primo storico debutto, quel “No One Rides For Free” che permise ai Fu Manchu di entrare dalla porta principale nella leggendaria scena stoner di metà anni novanta, vero crogiuolo di un modo di fare rock divenuto ben presto leggenda, specialmente quando si volge lo sguardo otre oceano.
Proveniente dal sud della California, con un passato punk/hardcore mai messo da parte, il gruppo statunitense, che ha visto tante defezioni in line up così come molte collaborazioni illustri, arriva al traguardo del quindicesimo album con intatta la voglia di suonare rock “stonato”, dal forte accento punk/fuzz che ne ha sempre contraddistinto la proposta.
“The Return Of Tomorrow” si apre con un trittico mostruoso, un inizio fulminante che vede le varie “Dehumanize”, Loch Ness Wrecking Machine” e “Hands Of The Zodiac”, abbracciando uno spazio temporale che va appunto dalla metà degli anni novanta fino ad oggi e riassumendolo con la solita potenza targata Fu Manchu.
Scott Hill, Bob Balch, Brad Davis e Scott Reader sanno come suonare il genere, lasciano che il desert rock faccia da Caronte in questo viaggio musicale pregno di una forza espressiva rimarchevole tra tonnellate di riff potenti e senza compromessi.
Rimane la voglia di vederli dal vivo questi veterani dello stoner rock, grazie ad una reputazione che è rimasta intatta anche dopo così tanti anni e acqua passata sotto i ponti; anche perché, oltre agli immancabili classici, nuovi brani d’impatto come “(Time is) Pulling You Under”, il blues acido di “Solar Baptized” o l’hard rock della title track faranno cadere non poche teste tra i rocker sotto il palchi di tutto il mondo. Grande ritorno!