Haken “Fauna” (InsideOut, 2023)

Non sembra interrompersi la crescita di questa band londinese che ha fatto del modern prog metal la sua scommessa vincente. In un mescolare le carte tra progressive metal, jazz, elettronica, cori da arena rock e un approccio pop, gli Haken viaggiano sempre alti. Ancora una volta, e siamo a sette album di studio, a dominare il tutto è il gusto melodico di un metal moderno, carico di effetti, ma che non perde mai di vista la facilità di ascolto, nonostante la scrittura articolata, con la voce del talentuoso Ross Jennings sempre dominante. Stupisce la qualità, infatti dei nove brani proposti, nonostante solo il primo e “Lovebite” siano sotto i cinque minuti, non c’è un senso di dispersione, tutto suona compatto e diretto. Cori affascinanti, chitarre dominanti e le tastiere del rientrante Pete Jones, presente negli anni pre debutto, sono gli elementi determinanti di un lavoro meraviglioso. La produzione, gestita dagli stessi musicisti, è un’ennesima stelletta a loro favore. Importanti anche i testi. Se vogliamo comprendere dove sta andando il metal di questo terzo decennio, gli Haken sono una tappa imprescindibile. (Gianni Della Cioppa)

Revolution SaintsEagle Flight” (Frontiers, 2023)

Nonostante questo quarto album dei RS segni significativi cambi di formazione, con Doug Aldrich e Jack Blades che lasciano il posto al chitarrista Joel Hoekstra e al bassista Jeff Pilson, il risultato non cambia. Questo dimostra che il timoniere del progetto Deen Castronovo, batterista e cantante straordinario, ha le idee chiare e riesce a trasmettere i suoi collaboratori esattamente cosa ha in mente. Merito anche della produzione di Alessandro Del Vecchio, che si occupa anche delle tastiere, mentre per le parti vocali è Johnny Gioeli che lavora con Deen. Lo stile? Nemmeno a dirlo un AOR robusto che mescola i Journey (di cui il batterista è un pilastro), Survivor e certo hard rock melodico e penso a Bad English e Damn Yankees. Qui le chitarre sono più presenti, anche come suoni, ma mantengono sempre un impatto melodico. L’asse su cui poggia tutto sono naturalmente le parti vocali, con Castronovo che imprime forza e grandi melodie, sostenuto da meravigliosi cori. L’effetto sorpresa degli inizi (l’esordio è del 2015) è scomparso, ma ciò non toglie che siamo al cospetto di un ottimo album!) nettamente superiore alla media. Insomma perfetto per coloro che amano questo genere.  Non siete convinti? Ascoltate “Talking Like Strangers”, “Kids Will Be Kids” e “Crime Of The Century” ed avrete ben chiaro il concetto di heavy rock melodico del terzo millennio. (Gianni Della Cioppa)

Steel Panther “On The Prowl” (SteelPhanterRocks, 2023)

Dietro quell’aria da buffoni e quel modo di fare da cialtroni, colmo di esagerazioni, tali da rendere quasi ridicolo il glam, l’hair metal e l’arena rock degli anni ’80, gli Steel Panther sono in realtà l’ultima grande band che tiene vivo quel tempo. Per il cantante Michael Starr, il chitarrista Satchel e il batterista Stix Zadinia (il bassista Spyder è in line up ufficialmente dal 2022), l’idea è sempre stata una sola: divertire divertendosi, ma senza mai perdere di vista la qualità. Ecco perché sia su disco che sul palco sono un gruppo altamente professionale, capace di proporre grandi brani e grandi show. Tecnicamente sotterrano la maggior parte delle grandi band del passato, ma è chiaro che lo stile è usurato e sfruttato, tuttavia i nostri sanno sempre offrirci qualcosa che meriti di essere ascoltato con piacere. E succede anche in questo sesto album di studio, che soddisferà tutti i nostalgici di quella Los Angeles festaiola ricca di sesso e droga, che inevitabilmente oggi non c’è più. Ma ascoltando “Never To Late (To Get Some Pussy Tonight)”, “1987” che sin dal titolo dice molto, “Is My Dick Enough” (si ride”), “Magical Vagina” (si ride di più!!) e “Pornstar”, se chiudiamo gli occhi, sembra di essere ancora in quegli anni, quando questo stile dominava il mondo. (Gianni Della Cioppa)

TesseracT “War Of being” (KScope, 20223)

Nonostante si continui a pensare che gli Stati Uniti siano il catino da cui attingere le novità metal, in realtà l’Europa è un fermento continuo e persino l’Inghilterra, spesso restia da tempo ad offrire novità in campo heavy metal, sa regalarci grandi emozioni. Prendete questi TesseracT originari di Milton Keynes, si formano nel 2003, ma solo nel 2011 debuttano con “One”, un album che delinea il loro suono: bordate di metal apocalittico e moderno, definito “djent”, sorta di assemblaggio di metal estremo, prog, groove, industrial e avant-garde, con accordature basse e chitarre a sette, otto, mille corde… La formula, modificata e migliorata, continua a funzionare anche in  questo nuovo lavoro, il quinto, a cui dobbiamo aggiungere quattro ep e due live. La line stabile in tutti i ruoli ad esclusione dal cantante, è comunque salda dal 2014 quando l’immenso cantante  Daniel Tompkins è tornato a riprendersi il microfono, senza per questo rinunciare ad una decina di progetti e contributi paralleli. “War Of being” è l’ennesimo lavoro impeccabile, moderno nei suoni, costruite su partiture aggressive, ma che traboccano melodia e viene da chiedersi come sia possibile rendere ascoltabile la cascata di elettricità, chitarre e ritmiche quasi robotizzate che addobbano  “Natural Disaster”, “Legion”, i Muse in chiave djent, il trasbordante tour de force della title track e la chiusura di “Sacrifice”, un massacro sonoro che mescola Dredg, Tool e dei Queensrÿche cibernetici. Ancora una volta i TesseracT si confermano tra i più grandi protagonisti della scena rock e metal di questo decennio, scrivendo pagine che altri elaboreranno per creare nuovi confini musicali. (Gianni Della Cioppa)