Nell’infinità di uscite discografiche in campo rock non è facile emergere oltre la nicchia.

Tra i pochi che sono riusciti nell’impresa occorre annoverare il duo canadese dei Crown Lands.

Le qualità musicali e la perseveranza, abbinate all’abilità nell’utilizzo dei social, hanno attratto molte attenzioni, tanto da far ottenere loro diversi riconoscimenti, senza contare il fatto di aver aperto il tour americano 2021 dei Greta Van Fleet.

Cody Bowles e Kevin Comeau formano la band nel 2015; il primo ha sangue “indiano” nelle vene, il secondo è ebreo; proprio il tema dei nativi e delle ingiustizie perpetrate nei loro confronti ricorre sovente nei testi, senza contare che anche il nome nasce dal desiderio di ribaltare il concetto canadese di “terre della corona”, all’epoca sottratte alle popolazioni originarie..

Nel 2016/2017 vengono pubblicati due minicd autoprodotti: “Mantra” e “Rise over run”.

Inizialmente, la loro influenza principale sono stati i Led Zeppelin, con brani brevi e diretti.

Gradualmente il loro sound ha cominciato ad arricchirsi di elementi prog facendoli propendere per un suono molto vicino ai loro numi tutelari, nonché conterranei, Rush.

Anche Geddy Lee e soci, prima di diventare la più grande rock band canadese, avevano iniziato ispirati enormemente dal Dirigibile, cosa che non è assolutamente un disonore.

I Crown Lands, meglio in due che da soli.

I primi riscontri positivi fanno sì che i Crown Lands attirino l’interesse della Universal Canada con la quale pubblicano un ep acustico nel 2020, “Wayward flyers Vol. 1”, il primo album omonimo alla fine dello stesso anno, il minilp “White Buffalo” nel 2021 seguito dall’ep “Context: fearless Pt. I / Right way back” nel quale la propensione verso il mondo Rush si è fatta più marcata.

Il 2022 vede l’uscita della raccolta “Odyssey Vol. 1” che stempera l’attesa per il nuovo “Fearless” che arriva sul mercato nel 2023.

Si tratta di un album splendido che meriterebbe di essere acquistato anche solo per la copertina, meravigliosa, cosmica, surreale!

Solo una band di grande spessore può aprire un album con una suite di oltre 18 minuti: “Starlifter: fearless Pt. II” articolata in nove movimenti, nella quale si articolano tutti gli elementi cari all’hard prog, con cambi di tempo, aperture spaziali, un inciso acustico e classe a fiumi.

Dopo tanta maestosità segue un quartetto di brani più brevi e diretti: “Dreamer of the dawn” e “The Shadow” sono prettamente hard rock, il primo caratterizzato da un ritornello che rimane in testa, il secondo da spruzzate metal e momenti che ricordano i Queensrÿche del periodo d’oro; “Right way back” e “Context: fearless Pt. I”, già editi nell’ep di cui sopra, si muovono su sentieri rushiani, il primo con una marcata essenza hard, il secondo costituendo l’anticipazione della suite iniziale.

Le iniziali influenze zeppeliniane si notano maggiormente in “Reflections”, brano con ossatura heavy ricca di divagazioni prog.

La potenza manifestata fino a questo punto si dirada con “Penny”, un brano acustico, sognante e bucolico.

“Lady of the lake” è il singolo da cui è stato estratto un video; si tratta di un pezzo a trazione prog che crea un punto di unione con i momenti più d’atmosfera dei Greta Van Fleet.

Un album di bellezza assoluta necessita una chiusura adeguata che costringa l’ascoltatore a riproporlo immediatamente e il compito viene affidato alla splendida ballata siderale “Citadel”, dove la voce tocca vertici elevatissimi e la chitarra ci regala un assolo da paura.

Crown Lands, artisti a tutto tondo.

Cody Bowles – voce, batteria, campanelli eolici, flauto dei nativi americani

Kevin Comeau – chitarre, basso, synth, mellotron e piano

Produzione di David Bottrill