Dopo sette anni di assenza dai palchi, i Biohazard tornano a suonare insieme. E’ un evento storico, soprattutto a New York, città natale della band. Chi non c’era negli Anni Novanta difficilmente potrà capire quanto i Biohazard abbiano influito sulla musica estrema contemporanea. Hanno tirato fuori l’hardcore dagli scantinati di Brooklyn e l’hanno portato al grande pubblico, fondendolo con il metal e spruzzandolo con l’hip hop vecchio stile. A metà anni Novanta questi quattro ragazzacci di quartiere erano in ogni puntata di “Headbangers Ball” e, dopo la rivoluzione grunge, indicarono la via a molti altri gruppi. Loro erano il nuovo che avanzava. Negli Anni Duemila sono andati via via scomparendo fino poi a sciogliersi a metà anni dieci. Ma nessuno li ha dimenticati e stasera ne è una prova. Per la grande richiesta di biglietti il management dei Biohazard ha dovuto aggiungere una data a New York  e solo per miracolo riesco a trovare un biglietto. Appena entrato nel locale, l’euforia è palpabile. L’Irving Plaza è pieno zeppo ma c’è qualcosa di particolare che renderà questo concerto uno dei migliori in assoluto che io abbia visto negli ultimi anni. E quel qualcosa è che siamo a New York. All’Irving Plaza non ci sono soltanto i fans della band ma ci sono anche quelli che l’hardcore lo hanno visto nascere, quelli che si salutavano per strada anche se non si conoscevano solo perché indossavano una maglietta dei Minor Threat, quelli che si consideravano una grande famiglia ma erano in realtà dei perfetti estranei. E stasera, proprio per il fatto che sei lì e non altrove, fai parte di diritto della famiglia. Non faccio in tempo ad avvicinarmi al bar del locale che un tipo rivolge a me e mi dice:” Ehi, da quanto tempo ascolti i Biohazard? E’ bello averti qui stasera”. Un altro mi propone un brindisi alla band mentre, a fine concerto, un gruppo di hardcorers mi inviterà a prendere una birra a Brooklyn. Non sarà l’A7, il mitico locale dell’East Village dove è praticamente nato l’hardcore, ma le vibrazioni sono quelle che non si dimenticano. E a iniziare la festa ci pensano gli Sheer Terror, altra leggenda dell’hardcore della Grande Mela sempre guidati da Paul Bearer, un mastino dall’aria perennemente incazzata.  Seppur meno famosi, anche loro hanno infiammato le serate del CGBG e hanno contribuito alla fusione del metal con l’hardcore (ascoltatevi “Just Can’t Hate Enough” del 1989).

Sheer Terror, eroi underground dell’hardcore punk metal

Bearer fa sempre della rozzezza il suo credo: volgare, irriverente, sarcastico, il biondo frontman canta come rutta, incurante di qualsiasi freno sociale. Tre quarti d’ora di concerto, e il pubblico è pronto per i Biohazard, che attaccano subito con “Urban Discipline”, tratto dall’omonimo storico album del 1992. “Down for Life” è un inno a stare uniti e viene accolto con un violento mulinello di fronte al palco. “Are you ready to jump?” è il grido di battaglia che apre “Tales From The Hard Side”, vera colonna sonora dei sobborghi più difficili di New York. Billy Graziadei sembra come sempre fuori di testa, Evan Seinfeld campeggia con il suo corpo scolpito e ormai quasi interamente tatuato; Bobby Hambel piroetta su sé stesso, seguendo il groove del momento. Tutti e tre insieme potrebbero far scoppiare una rivolta ma la loro musica produce solo vibrazioni positive….e moshpit. Terribile quello scatenato per “Wrong Side of the Tracks”, dove Evan Seinfeld scende fra le gente gridando “guardatevi alle spalle quando passate per Brooklyn!”.

Evan Seinfeld: punk, sudore e tatuaggi!

Già perché i Biohazard sono Brooklyn, figli dell’emigrazione italiana che affollava le vie di Bensonhurst, e le strade a maggioranza ebraica di Williamsburg. “Shades of Grey” trasuda dell’odore di immondizia dei vicoli di Red Hook mentre “How It Is” racconta la dura legge della strada e si conferma uno dei migliori pezzi dei Biohazard. Nel frattempo mi accorgo che la bambina accanto a me (età sugli 11 anni) sa tutti i testi a memoria. Stento a crederci ma con “Victory” rimango a bocca aperta quanto la bambina sale sul palco e comincia a fare headbanging con Billy Graziadei. La bambina torna al suo posto surfando sulle teste della gente e io non posso che fare i complimenti al padre, un mite signore a metà via fra un impiegato di banca e un graffitaro del Bronx. Il concerto scorre via senza cali di tensione: “Retribution”, “Survival of the Fittest” non concedono pause di riflessione e l’apocalittica “Love Denied” (ma quante volte la passavano su MTV?) vede Graziadei sputare l’anima, gridando come un forsennato. Arriva anche la cover dei Bad Religion “We’re Only Gonna Die” e provateci voi a stare fermi di fronte ai Biohazard che vi gridano in coro di alzare le chiappe. La serata si chiude con “Punishment” e “Hold My Own”, con cui i quattro newyorchesi si congedano da una serata eccezionale. Non ci credete? Il concerto è stato registrato per intero e lo potete guardare dall’inizio alla fine su YouTube.

E guai a voi se rimanete seduti sulla sedia….