TheRock is back.

Per più di un anno tutto si è bloccato qui negli Stati Uniti (come ovunque, del resto) a causa della pandemia. Concerti zero, locali chiusi e Netflix a go go. Poi la fine del tunnel. I Foo Fighters sono stati i primi a tornare sul palco lo scorso giugno, riempiendo il Madison Square Garden con migliaia di persone affamate di musica. Qualche concerto qua e là durante l’estate ma è da fine agosto che la musica dal vivo ha ripreso a pieno ritmo e certo a New York la scelta non manca. Anzi, il problema è il contrario: l’offerta è tornata ad essere veramente tanta e occorre fare una scelta per non trovarsi con il portafoglio vuoto.

Tutto bene dunque? Non proprio. Il Covid ha lasciato per mesi e mesi cantanti e musicisti a far dondolare le pantofole sul divano di casa. Risultato: ventri espansi oltre ogni limite, fiato corto e prestazioni a dir poco imbarazzanti. Guardatevi i recenti video live dei vari Dokken, Motley Crue, Sebastian Bach. C’è da mettersi le mani nei capelli. Per questo, un dubbio mi ha assalito prima di andare a vedere i Tesla: ma non è che ho speso settanta dollari per vedere uno spettacolo patetico? Non era il caso di starsene a casa e magari riascoltarsi “Psychotic Supper”? Per fortuna i miei dubbi si sono rivelati infondati. A dire il vero le panze c’erano lo stesso (tranne che nel sempre scheletrico cantante Jeff Keith) ma i Tesla sono apparsi in piena forma nonostante il COVID, che ad agosto ha colpito il chitarrista a Frank Shannon e vari membri dell’entourage, costringendo la band a cancellare alcune date.

Si comincia con “Cumin’ atcha live”, la gloriosa sfuriata rock tratta dall’”elettrizzante (è il caso di dirlo) Mechanical Resonance. Ed è una partenza con il piede giusto. La band non ha perso la verve di un tempo e forse c’è la voglia di lasciarsi alle spalle i brutti ricordi della pandemia. Dopo “ Modern day cowboy” è subito il momento per il nuovo singolo della band, “Cold Blue Steel”, un pezzo dalle chiare influenze Lynyrd Skynyrd senza infamia e senza lode. Si rimane poi nella discografia relativamente recente con la solida “Breaking free” (da Forever more del 2008) per sfociare nella malinconia di “Miles away” e nelle sonorità moderne di “Into the Now” (dall’omonimo album del 2004). Da brividi la cover di “Thank you” dei Led Zeppelin, indubbiamente uno dei gruppi che più hanno influenzato i Tesla assieme agli Aerosmith. Si torna poi ai fasti del passato con “Rock me to the Top”, tratto da Mechanical Animals, e soprattutto con le tre perle del passato: “What you give”, “Call it what you want” e “Edison’s medicine” dall’album Psychotic Supper, che ha da poco celebrato il trentennale della sua pubblicazione. È forse questo il momento più indicativo dell’ottimo stato di forma della band: la voce di Jeff Keith è sempre graffiante e non dà segni di cedimento. Keith stesso è il solito animale da palco nonostante i suoi sessantatrè anni, a tratti di una dolcezza disarmante, a tratti vero e proprio intrattenitore alla Steven Tyler, un po’ come lo sentite su “Five Man Acoustical Jam”. Nei momenti più acustici, sembra proprio di riascoltare lo storico live dei Tesla, che è stato registrato non lontano da qui (al defunto Trocadero Theater di Philadelphia). Frank Hannon è rimasto il chitarrista di classe, a metà strada fra il blues, il country e il metal che abbiamo apprezzato nel corso di tutti questi anni. Il resto della band compone un insieme compatto e senza sbavature che fa dei Tesla un gruppo solido nonostante l’usura degli anni.

Si chiude con “Love Song” e “Signs” e non c’è modo migliore per finire la serata. Una menzione particolare merita la band di supporto, i bostoniani Bad Marriage, autori di un ottimo rock fra AC/DC, Guns and Roses e Aerosmith. Avessero iniziato quarant’anni fa, avrebbero probabilmente già raggiunto il successo. Per il momento suonano piccoli club ma la stoffa c’è e vai a sapere se magari fra qualche anno non ce la faranno anche loro!!