Il secondo album del chitarrista e lutaio statunitense Seth Lee Jones da Tulsa arriva come un twister sonoro sulla scena Rock Blues.
Intitolato “Tulsa Custom”, il nuovo lavoro, che esce dopo tre anni dal primo intitolato “Flathead”, è stato registrato ai Teegarden Studios di Tulsa, in passato utilizzati da artisti del calibro di Bob Seger, JJ Cale e Joe Walsh.
A completare il power trio accompagnando il musicista dell’Oklahoma troviamo il batterista Matt Teegarden e il bassista Bo Hallford, mentre in veste di ospiti vanno citati Chebion Tiger all’armonica e David Teegarden (padre del batterista) al tamburello.
“Tulsa Custom” è stato registrato in presa diretta, come una sorta di live in studio e si sente: il suono impastato e potente si adatta perfettamente all’atmosfera paludosa delle dieci tracce che compongono l’album, valorizzate ulteriormente dalla voce vissuta del chitarrista.
Tra Jimi Hendrix, ZZ Top, Cactus,Paul Bloomfield ed Elvin Bishop, il trio dell’Oklahoma spazia senza indugi tra le ispirazioni assolutamente classiche che ne determinano il sound, lasciando che la potenza della chitarra di Jones sputi sangue sudista dalle corde lacerate.
Il rock più sporco e grintoso degli anni settanta si accoppia al blues come in un atto sessuale consumato tra le auto in sosta all’esterno di fatiscenti locali, mentre la chitarra urla e la voce è un vissuto fatto di fumo e squarcia budella.
La sei corde costruita da Jones è protagonista indiscussa di questa mezz’ora abbondante di rock blues senza compromessi; i brani si susseguono, selvaggi e potenti, creando una jam che proprio come un uragano spazza via ogni dubbio sulla forza di “Tulsa Custom”, album che potrebbe essere in grado di portare al chitarrista e alla sua band la meritata notorietà.