Ci sono voluti una decina di anni e cinque album per raggiungere l’obiettivo, ma alla fine Paolo Benvegnù ci è riuscito: da tempo non è più solo l’ex leader degli Scisma, ma è… Paolo Benvegnù, uno dei più grandi cantautori italiani. Uno di quei talenti che ancora genera un brivido quando si parla di un suo nuovo disco, un artista che in Italia rimane per una cerchia, non così ristretta, di eletti, ma che meriterebbe – e lo dic(o)iamo non da oggi – ben altre vette. Ma tant’è questo siamo: balletti, talent show e artisti sconosciuti che riempiono gli stadi con dinamiche da indagini giudiziarie.
Dicevamo, dieci anni fa circa Paolo è stato (ri)battezzato, oggi, dopo un altro decennio, lo troviamo alle prese con il nono disco di studio, che si aggiunge a vari ep ed alcune collaborazioni da batticuore (I Proiettili Buoni, I Racconti Delle Nebbie). Possiamo dire che “È inutile parlare d’amore” è il miglior lavoro di Benvegnù? A mio avviso si, la cosa complicata è rendersi credibili, visto che ad ogni disco scrivo la stessa cosa, come in una passeggiata in luoghi sempre più belli ed affascinanti.
Tuttavia mi sbilancio, le dodici tracce di questo album rappresentano nell’insieme, il lotto più emozionante e compatto, mai proposto dal cantautore bresciano. La maturità è totale: negli arrangiamenti, nell’esposizione vocale, nella scrittura, fatta di saliscendi armonici che regalano emozioni senza mai apparire banali. Ed infine i testi, questa volta Paolo si supera, in un girotondo di poesia, astrattismo e concretezza.
Non c’è un solo brano che suona superfluo o poco ispirato e citare la forza evocativa dell’iniziale “Tecnica e simbolica”, “L’oceano” con Brunori Sas che duetta con la sua voce inconfondibile, “27/12” dove spunta il timbro di Neri Marcorè, dire che “Il nostro amore indifferente” è una poesia che distilla emozione (il testo è condiviso con Pacifico), “Our Love Song” e “Libero” con chitarre spigolose sono rock alla The Black Keys, mentre “In Der Nicht Sein” (ma chi canterebbe un ritornello in tedesco?), si muove sinuosa con dinamiche pop noise, “Libero” vola docile come una ballata filosofica, che ci porta a “L’origine del mondo” dove alita un vento antico dei suoi Scisma, io almeno ho trovato quel tipo di accordi aperti e sfumati. “Marlene Dietrich” e “Pescatori di perle” sono un misto di dolcezza e durezza, che svelano la sensibilità di Paolo, in una scrittura che non cerca compromessi. Luce e ombra, per citare il testo, di new wave americana, con i Television in testa, per “Alla disobbedienza” che a metà diventa uno strumentale fluttuante, forse un po’ ripetitivo.
Manca però un brano, volutamente lasciato alla fine. Si tratta di “Canzoni brutte” che andrebbe diffusa in tutte le radio e posizionata ai vertici di tutte le playlist delle piattaforme digitali. Un modo per scrivere una grande pezzo, utilizzando gli ingredienti penosi degli algoritmi e delle basi acquistate in cassetti di melodie preconfezionati. Geniale: ti prendo per il culo con le tue stesse armi, ma il risultato è un bel pezzo!
Ecco, tutta questa narrazione sa quasi di descrizione retorica, perché l’unica cosa da fare è ascoltare con attenzione “É inutile parlare d’amore”, per carpirne anche gli angoli nascosti e sarà un viaggio carico di emozione.
Dopo venti anni di carriera solista, Paolo Benvegnù, il cantautore che guarda le stelle, con “É inutile parlare d’amore”, firma il suo album più bello e maturo. Definirlo un capolavoro non è un azzardo!
Musicisti:
Paolo Benvegnù – voce e chitarra
Luca Baldini – basso elettrico
Daniele Berioli – batteria
Gabriele Berioli – chitarra elettrica
Tazio Aprile – pianoforte, Fender Rhodes, organo hammond, dulcimer
Saverio Zacchei – trombone
Produzione di Luca Baldini