Il battesimo del Progetto Unchained si chiama “Etherea”, un album di nove tracce, delle quali l’ultima è un omaggio a Bach (il compositore barocco, non il cantante degli Skid Row!). Basterebbe forse questo elemento a incuriosire e spingere all’ascolto, ma ciò che mi ha colpito di più è che si tratta di un progetto solista, dove la composizione è stata curata da un solo musicista. Prima di approfondire, pensavo che si trattasse di un chitarrista o un tastierista, solitamente più portati alla scrittura, perciò quando ho scoperto che Alessandro Alex Farulli è un batterista ho apprezzato anche di più questo lavoro. Alex ha composto le tracce interamente da solo, trascrivendo le partiture per ogni strumento. Ne è uscito un concept strumentale prog-rock, una colonna sonora massiccia, con sfumature epiche e anni settanta (per l’utilizzo dell’hammond). Ottima la scelta dei suoni, perfetti sia nei momenti delicati che in quelli più ritmati e pesanti. E sta proprio nell’alternanza di questi momenti la forza narrativa dei brani, che evocano stati d’animo e immagini in continua evoluzione.

Le chitarre ritmiche, (salvo l’ultima traccia che riprende, come preannunciato, la “Toccata e Fuga” di Bach), sono di Valerio Cesarini, che ha sviluppato anche degli assoli piuttosto azzeccati, così come quello di Nicolò De Maria in “Time Rain”. Degna di nota anche la produzione di Ivan Moni Bidin (Artesonika Recording Studio), che oltre a curare il missaggio ha inciso le parti di basso. L’album si conclude con la rivisitazione della “Toccata e Fuga”, riarrangiata e interpretata da Giancarlo Ferulli, padre di Alessandro. L’artwork (a cura di Sergio Adhiira Art) mostra un bambino circondato da un mondo cupo e distrutto, appoggiato alla carcassa di un auto, volto a guardare una torre che emette una luce come se fosse un faro. A mio avviso è davvero molto suggestiva e si abbina perfettamente alle sonorità. Rispetto ad altri progetti strumentali (solo a titolo di riferimento, Polyphia) e senza che questo voglia essere un demerito, alcuni brani di “Etherea” sembrano costruiti per il cantato, forse dovuto alla struttura che consente di distinguere nettamente le strofe dai ritornelli, tanto che a volte ci si aspetta di sentire l’attacco della voce. Ho provato ad immaginare come sarebbero questi brani con una voce, ma è un passaggio davvero delicato, in quanto la scelta della vocalità sbagliata potrebbe rischiare di banalizzarli o cambiarne il genere. Chissà, forse proprio per questo motivo Alex ha voluto che rimanesse un progetto strumentale. Guardando al futuro con fiducia, voglio pensare ad Alex come il Lucassen nazionale, in fondo, “Etherea” è solo il primo risultato di un progetto che auspico produttivo e longevo!